Tra i mezzi di governo dei re carolingio non si deve sottovalutare l’importanza delle norme generali emanate in diverse occasioni: cosiddetti capitolari.

sono le manifestazioni più significative di una volontà di intervento volta a riformare le istituzioni del regno. Il re-imperatore era persuaso che suo compito istituzionale fosse anche e in primo luogo la difesa e la promozione della religione cristiana. Le campagne contro Sassoni costituiscono la prima guerra di religione della storia d’Europa. E nelle istruzioni ai suoi massi il re ebbe cura di sottolineare i compiti etico-religiosi cui la loro azione doveva ispirarsi.

Sebbene i comandi incorporati nei capitolari fossero stati originariamente espressi a voce, il fatto che essi venissero poi trasmessi per iscritto, non deve essere sottovalutato.

L’uso della scrittura nell’amministrazione è una caratteristica del regno carolingio. Solo ricorrendo alla scrittura e alla lingua latina era possibile tentare di governare secondo criteri uniformi un coacervo di popoli cosi eterogenei.

Talune riforme di primo piano, tuttavia, non figurano nei capitolari se non in modo indiretto.

E questo a caso, ad esempio, dell’istituzione degli scabini, creati dallo stesso Carlo Magno, ai rachimburgi della tradizione franca più antica, giudici per così dire occasionali e notabili del luogo, subentravano con la riforma carolingia i giudici permanenti presso i tribunali di contea, denominati appunto scabini.

La carica imperiale rivestita da Carlo Magno a partire dal Natale dell’800 pose il sovrano carolingio su un piano più elevato sia nei confronti degli altri re d’occidente, sia all’interno del regno franco; ma la base del suo potere rimase il regno: la corona imperiale ne costituii un ulteriore potenziamento.

Il potere imperiale rinasceva associato al ruolo del vescovo di Roma, e tale associazione, nonostante i tentativi di svincolarsene compiuti più tardi dallo stesso Carlo Magno, rimase da allora un carattere proprio dell’impero d’occidente.

Carlo Magno, ancor prima di cingere la corona di imperatore occidente, concepiva infatti il suo ruolo come pari soltanto a quelli rivestiti dal pontefice romano e dall’imperatore bizantino. Sia come re che come
imperatore Carlo si prefisse il compito di gestire non solo lo Stato ma anche la Chiesa, nei suoi aspetti organizzativi, liturgici, persino dottrinali: nella sua concezione, restavano al papa e alla Chiesa semplicemente compiti pastorali e di preghiera.

Questa ideologia teocratica portava il germe delle future aspre lotte tra i due poteri.

D’altra parte, la costruzione politica di Carlo Magno mantenne l’impostazione per così dire privatistica dei Franchi: se Carlo era divenuto unico re in séguito a rinuncia al trono del fratello Carlomanno, poco tempo dopo la morrte del grande sovrano l’unità del regno si infranse per sempre, perché il territorio del regno venne spartito tra i discendenti.

Iniziò allora, intorno alla fine del secolo IX, la fase più frammentata la storia dell’occidente.

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