I primi segni di un vero mutamento si colgono nel corso del secolo XI. Il grande movimento di riforma della Chiesa genera nuovi modelli di cultura giuridica. Vi sono testimonianze coeve sulla fioritura di scuole nell’Italia settentrionale, in alcune delle quali anche il diritto sembra avesse una parte non secondaria.

Un’opera che si ritiene composta intorno al 1070, l’Expositio ad Librum Papiensem, dimostra in effetti in modo indiscutibile l’esistenza di una nuova cultura esegetica sui testi legislativi longobardi e franchi, praticata da un gruppo di giuristi lombardi di questa età, dei quali a volte, insieme con il pensiero riferito nel testo dell’opera, viene ricordato anche il nome.

Nel commentare i capitoli degli editti, l’ignoto autore dell’Expositio enuncia, imposta e risolve un’ampia serie di quesiti di carattere esegetico: si tratta di analisi compiute al fine di comprendere la precisa portata dei testi, ma anche la combinazione di norme tra loro discordanti.

In quale rapporto sta un capitolare di Carlo Magno in tema di furto con la disciplina fissata nell’Editto di Rotari. L’Expositio riferisce che mentre molti giudici ritenevano dovesse sempre applicarsi la pena corporale irrogata da Carlo Magno, il giurista Ugo giudicava invece che il capitolare carolingio si sostituisse al capitolo di Rotari soltanto nel caso in cui il ladro non fosse in grado di pagare il risarcimento e la multa.

In un altro passo dell’opera si discuteva su quale fosse la posizione successoria delle figlie, maritate e non, in séguito alle riforme legislative di Liutprando.

L’esistenza di divergenze interpretativi ed anche di vere dispute dottrinali tra giuristi induce a supporre l’esistenza in Lombardia, probabilmente proprio a Pavia, di un centro di studi di diritto, perché altrimenti male si spiegherebbero il carattere scolastico di tali dispute e la menzione di discipuli e di magistri.

In più passi dell’opera, inoltre, viene attribuita già a giudici della prima metà dei secolo XI (denominati antiqui) la convinzione che la legge romana sia valida indistintamente per tutti, sia pure in via sussidiaria rispetto alla legge longobardo-franca: lex romana, quae omnium est generalis.

L’importanza di una simile affermazione di principio è eccezionale: molti decenni prima della nascita dell’Università, il diritto scritto di Giustiniano risulta nuovamente in auge come legge generale proprio nel cuore stesso della «Langobardia».

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