Mentre le libertà nel senso stretto formano il tema di determinate disposizioni della parte prima della carta costituzionale, per intendere compiutamente la condizione dei cittadini e delle persone in genere entro il nostro ordinamento, occorre allargare l’indagine all’intero complesso dei “rapporti civili”, “etico sociali”, “economici” e “politici” considerati dalla costituzione stessa.
Ma come vanno classificate e definite le svariatissime situazioni soggettive che la costituzione disciplina? Le norme costituzionali in esame non si limitano a configurare quelle posizioni di favore o di vantaggio, comunemente dette situazioni attive; ma si collocano anche sull’opposto versante delle situazioni passive o di svantaggio, con particolare riguardo ai doveri e agli obblighi costituzionalmente imposti. Ma la tipologia delle figure stesse è molto più eterogenea.
Basta scorrere il testo costituzionale, per avvedersi che esso ragiona della libertà e delle libertà fatte consistere nei contenuti di altrettanti diritti costituzionalmente garantiti. Inoltre accanto ai diritti soggettivi strettamente intesi, la costituzione considera in più punti gli interessi legittimi, come pure una serie di situazioni attive facenti capo a determinate funzioni sociali.
Per contro, ricorrono anche gli accenni ai doveri, variamente detti inderogabili, civici, sacri, come pure agli obblighi dei cittadini o di determinate istituzioni. Ma i riferimenti testuali non coprono affatto l’intera gamma delle situazioni in discussione; tanto è vero che in dottrina si tratta altresì di pretese e di facoltà, di poteri e di stati di soggezione.
Prima bisogna introdurre il concetto di libertà. Il significato più noto e diffuso di tale termine è riferito ad una situazione di “non impedimento” o di “Non costrizione”. Si tratta di “Libertà a contenuto negativo” ed anzi di uno status negativus, nel quale potrebbero includersi tutti i singoli diritti di libertà, specificamente garantiti dalle stesse costituzioni. Di qui ricava lo spunto la concezione della libertà giuridica come pretesa di non essere impediti nell’esercizio delle proprie facoltà.
Da un lato la costituzione repubblicana considera, garantisce e delimita specificatamente una serie di particolari situazioni attive; sicché l’immaginare che esse siano tutte conglobate in una indistinta libertà giuridica diverrebbe causa di gravi confusioni. D’altro lato il concetto della libertà come non-costrizione trascura la circostanza che molti diritti di libertà presentano tanto un profilo negativo quanto un profilo positivo.
Siffatti momenti positivi possono essere della più varia natura secondo diverse ipotesi. Alcuni diritti di libertà implicano l’esercizio di facoltà materialmente intese, riducendosi ad altrettante libertà di fatto: per esempio nel caso della libertà personale, intesa come libera disponibilità del proprio corpo. In altri casi invece i diritti in questione includono la titolarità e l’esercizio di poteri implicanti la produzione di effetti giuridici.
Nell’ambito dei poteri stessi, poi, si possono distinguere le potestà spettanti alle cosiddette “autorità private”. È in quest’ultimo campo che si collocano anche “i poteri di conformazione”, più comunemente noti come diritti potestativi, atti a modificare non solo la propria ma l’altrui sfera giuridica. Quanto si è detto finora non deve far pensare, tuttavia, che le situazioni attive di cui si discute siano sempre concepibili come diritti soggettivi. La garanzia costituzionale abbraccia gli interessi legittimi.
In estrema sintesi, è sostenibile che entrambi i tipi di situazioni attengano ad interessi specificamente protetti. Nel caso dei diritti soggettivi costituzionalmente rilevanti, ci si trova in presenza di diritti assoluti. Nel caso degli interessi legittimi è tradizionale l’assunto che si tratti di situazioni intimamente collegate con l’interesse pubblico. Nondimeno, rimane profondo il divario intercorrente fra gli interessi legittimi e gli interessi semplici o di mero fatto. I primi sono definibili come “interessi qualificati alla legittimità dell’attività amministrativa”.
Ancor meno lineare e sicura si presenta la distinzione centrale nel campo delle situazioni passive, cioè quella che passa fra doveri ed obblighi. Ma occorre avvertire che il linguaggio della carta costituzionale non è in linea con queste sottili distinzioni. Effettivamente, in più punti si tratta dei doveri nel senso di obblighi. Per contro, non mancano i passi che usano il termine obblighi, dove sarebbe stato più proprio parlare di doveri. Nella costituzione italiana, perciò, le due locuzioni si dimostrano perfettamente fungibili.