Sebbene il Codice civile preveda alcune azioni tipiche a tutela del possesso, questo non preclude al possessore di ricorrere ad altre azioni (es. risarcimento del danno). L’oggetto della tutela delle azioni possessorie è l’esercizio di fatto di un diritto, ovvero il possesso, quindi, dal momento che l’effettiva titolarità del diritto non rileva, il possesso viene tutelato anche se abusivo o illegittimo.

Le azioni a difesa del possesso comunque sono quattro e si dividono in due categorie:

  • possessorie:
    • azione di reintegrazione, che ha lo scopo di riottenere il possesso.
    • azione di manutenzione, che ha lo scopo di far cessare le molestie e le turbative.
  • quasi-possessorie:
    • denuncia di nuova opera, che ha lo scopo di impedire la minaccia di turbative.
    • denuncia di danno temuto, che ha lo scopo di impedire l’incombere di fatti lesivi del possesso.

Reintegrazione

L’azione di reintegrazione viene esercitata dal possessore che sia stato privato del possesso in modo violento o clandestino (art. 1168 co. 1). Tale azione viene concessa anche a chi ha la detenzione della cosa, salvo che l’abbia per motivi di servizio o di ospitalità (art. 1168 co. 2).

I presupposti per l’azione di reintegrazione sono tre:

  • la privazione del possesso (spoglio) deve essere tale da privare effettivamente il possessore della cosa.
  • chi ha agito deve averlo fatto con l’intenzione di privare il possessore della cosa. Tale intenzione (animus spoliandi), essendo un elemento psichico, sussiste oggettivamente solo per il fatto che la privazione del possesso sia arbitraria.
  • chi ha agito deve averlo fatto in modo violento o di nascosto. Tale requisito risulta essere fondamentale, in quanto, se lo spoglio non fosse violento, ma pacifico, e avvenisse in modo palese, la privazione del possesso non sarebbe percepibile.

L’azione di reintegrazione si deve esperire entro un anno dal momento in cui lo spoglio (se violento) si è sofferto, oppure dal momento in cui (se clandestino) si è scoperto (art. 1168 co. 3). La prescrizione è così breve perché, sebbene si voglia tutelare il possessore, si tutela anche chi ha operato lo spoglio.

Manutenzione

L’azione di manutenzione viene concessa a chi è stato molestato nel possesso di un immobile, di un diritto reale sopra un’immobile o di una universalità di mobili (art. 1170 co. 1).

I presupposti per esperire tale azione sono (art. 1170 co. 2):

  • che il possesso duri da almeno un anno.
  • che il possesso non sia stato acquistato con violenza o clandestinità.

Se al contrario il possesso è stato acquistato in modo violento o clandestino, l’azione può essere comunque esercitata, ma solo decorso un anno dal giorno in cui la violenza o la clandestinità è cessata.

Si deve notare che l’azione di manutenzione ha lo scopo di far cessare le molestie, ma non ha scopo recuperatorio. Quando però lo spoglio non è stato né violento né clandestino (spoglio semplice), il possessore può agire con l’azione di manutenzione per recuperare il possesso (art. 1170 co. 3).

Nuova opera e danno temuto

Il proprietario, il titolare di un altro diritto reale di godimento o il possessore che abbia ragione di credere che da una nuova opera da altri intrapresa possa derivare un danno alla cosa in proprietà o in possesso, può denunciare all’autorità giudiziaria la nuova opera (art. 1171 co. 1). Occorre però che l’opera non sia terminata e che non sia trascorso un anno dal momento in cui fu iniziata.

L’autorità giudiziaria, fermo restando il risarcimento del danno, può (art. 1171 co. 2):

  • vietare la continuazione dell’opera.
  • autorizzare la continuazione dell’opera, prescrivendo delle cautele.

Il proprietario, il titolare di un altro diritto reale di godimento o il possessore che abbia ragione di temere che da un qualsiasi edificio, albero o altra cosa derivi un pericolo di danno (danno temuto) grave e prossimo alla cosa che forma oggetto del possesso o del suo diritto, può denunciare il fatto all’autorità giudiziaria e ottenere che si provveda ad ovviare al pericolo (art. 1172).

Queste due azioni si dicono anche di nuncupazione , perché si promuovono mediante una denuncia all’autorità giudiziaria, chiamata a verificare il fatto che si teme. Il loro scopo è cautelativo, perché il danno, futuro ed incerto, potrebbe anche non concretizzarsi.

La differenza tra l’una e l’altra consiste in questo:

  • la prima azione (nuova opera), diretta contro chi esegue la nuova opera, è volta ad ovviare il pericolo di danno derivante immediatamente e direttamente da un’attività umana intrapresa sul fondo proprio o altrui.
  • la seconda azione (danno temuto), diretta contro chi non ha agito per evitare un pericolo di danno, è volta ad ovviare il pericolo di danno che deriva da una cosa per il fatto che è così.
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