Le azioni a difesa della proprietà, dette anche petitorie (dal lat. petere), sono azioni tipiche, imprescrittibili, con elementi predeterminati. Sono quattro: azioni di rivendicazione, azioni negatorie, azioni di apposizione dei termini e azioni di regolamento dei confini.

Rivendicazione

Il proprietario può rivendicare la cosa da chiunque la possiede o detiene e può proseguire l’esercizio dell’azione anche se costui, dopo la domanda, ha cessato di possedere o detenere la cosa (art. 948). I proprietario, se consegue direttamente dal nuovo possessore o detentore la restituzione della cosa, è tenuto a restituire al precedente possessore o detentore la somma ricevuta in luogo di essa.

Per esperire l’azione di rivendicazione, occorre che il proprietario abbia perso il possesso della cosa contro o senza la sua volontà, altrimenti si deve ricorrere ad un’azione diversa, ovvero l’azione di restituzione. Con l’azione di rivendicazione il proprietario mira a far riconoscere il suo diritto di proprietà sulla cosa, mentre con quella di restituzione vuole semplicemente ottenere la consegna della cosa, essendo venuto meno il titolo in base al quale la cosa era stata consegnata a chi la detiene.

L’aspetto più problematico dell’azione di rivendicazione è dato dall’onere della prova, definita appunto diabolica : il proprietario deve provare di essere proprietario della cosa, ovvero di averla acquistata a titolo originario, mentre colui che la possiede o la detiene non deve provare nulla. Il proprietario, comunque, è agevolato dalla regola della somma del proprio con il possesso dei suoi precedenti danti causa: unendo il proprio possesso a quello dei precedenti possessori, infatti, può dimostrare di aver usucapito il bene rivendicato.

Negatoria

Il proprietario può agire per far dichiarare l’inesistenza di diritti affermati da altri sulla cosa, quando ha motivo di temerne pregiudizio (art. 949). Se sussistono turbative o molestie, può anche chiedere che se ne ordini la cessazione, tuttavia occorre che tali turbative o molestie si accompagnino alla pretesa di esercitare diritti sulla cosa.

L’azione negatoria più ricorrente è la negatoria della servitù, diretta a far dichiarare l’inesistenza di un diritto di servitù sul fondo del proprietario che agisce in giudizio.

Regolamento di confini

Quando il confine tra due fondi è incerto, ciascuno dei proprietari può chiedere che sia stabilito giudizialmente. Può essere utilizzato qualunque mezzo di prova, ma, in mancanza di altri elementi, il giudice si attiene al confine delineato dalle mappe catastali (art. 950).

L’incertezza relativa al confine può essere:

  • di tipo oggettivo, quando vi è un uso promiscuo della zona sulla quale vi è confine.
  • di tipo soggettivo, quando uno dei proprietari pretende di avere un’estensione maggiore di quella che il confinante gli vuol riconoscere.

Le parti, comunque, possono regolare tra di loro il confine anche amichevolmente, risolvendo la controversia con un accordo.

Apposizione di termini

Se tra due fondi non sono evidenti o mancano i segni con cui si delineano i confini (termini), ciascuno dei proprietari ha diritto di chiedere che essi siano apposti o ristabiliti a spese comuni (art. 951). Il confine, però, deve essere obbligatoriamente certo, perché altrimenti si ricade nell’azione di regolamento dei confini.

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