a) Il principio di vincolatività del contratto. L’art. 1372, dove enuncia il principio secondo il quale il contratto ha forza di legge tra le parti, ha una ragion d’essere i quanto riprende una formulazione già presente nei codici previgenti e nel codice napoleonico; inoltre, richiama l’attenzione dei contraenti sulla gravità dell’atto che hanno intenzione di compiere. Una volta concluso, il contratto è vincolante, e le parti non possono sciogliersi dal vincolo se non a determinate condizioni.

b) Il principio di relatività del contratto. Ogni soggetto assume vincoli solo se vi sia il consenso: non è consentito a terzi di vincolare un soggetto senza il suo consenso, né le parti possono vincolare soggetti che non hanno partecipato all’accordo, eccezione fatta per il contratto a favore di terzi che produce vantaggi a favore di un soggetto che non è parte del contratto; ciò è consentito perché l’effetto è vantaggioso per il terzo che può comunque rifiutare.

c) Il principio di buona fede. Le parti devono comportarsi con lealtà e correttezza sia nella fase delle trattative, sia nella fase di conclusione del contratto, sia nel momento di interpretazione, sia nella fase di esecuzione.

d) Le corti non possono riscrivere il contratto per le parti. La volontà espressa dalle parti non può essere alterata dal giudice. Questo, ha il compito di interpretare e qualificare il contratto, controllare se esso risponda o meno ai principi e alle disposizioni di legge, se persegue un interesse meritevole di tutela, se sia contrario all’ordine pubblico, se le parti si siano comportate secondo buona fede. Ciò non esclude che il giudice ritenga che il contratto prevede obblighi accessori a carico di una parte e a vantaggio dell’altra, e disponga che la parte obbligata doveva adempiere e eventualmente rispondere del danno verso la controparte. Allo stesso modo, il giudice può ove richiesto da una delle parti, applicare la teoria della presupposizione che non porta alla riscrittura del testo del contratto, ma alla sua risoluzione. Tuttavia, vi sono modo più o meno occulti di interferire nell’operato dei privati, ad es. le parti possono aver denominato compravendita un contratto che il giudice ritiene essere una permuta, motivo per il quale spesso le parti per cautelarsi non denominano in alcun modo il contratto, intestandolo genericamente come scrittura privata e lasciando quindi al giudice il compito di qualificarlo. Quest’ultimo, individuata la causa concreta, può stabilire se determinati rischi rientrino nella causa e quindi siano accollati alle parti, oppure non vi rientrino e siano a carico di una sola di esse.

e) Il principio di autonomia (o libertà) contrattuale. L’autonomia contrattuale è una specificazione dell’autonomia privata. Nel settore che interessa i rapporti economici, l’autonomia contrattuale rappresenta il modo in cui si esplica la libertà economica. Secondo l’orientamento della Corte Costituzionale l’autonomia contrattuale trova la sua tutela nel dettato dell’art. 41 Costituzione, che riconosce e garantisce la libertà di iniziativa economica privata. Si tratta però di una tutela indiretta in quanto non prevista specificatamente. Poiché la riserva di legge contenuta nell’art. 41 Costituzione, è relativa, la disciplina può provenire anche dal Governo, il quale può demandare alla pubblica amministrazione. È stata avanzata in dottrina anche la tesi secondo la quale la libertà contrattuale, essendo espressione della libertà della persona, sia tutelata indirettamente dall’art. 2 Costituzione Si tratta di un’ipotesi suggestiva che però non ha ricevuto ampi consensi. Concretamente libertà contrattuale significa, in positivo, la libertà: di scegliere se concludere o no il contratto, scegliere la controparte, le modalità di formazione, il tipo contrattuale ecc.; in negativo significa che le parti possono operare liberamente entro i limiti stabiliti dall’ordinamento. Secondo la cosiddett norma di chiusura, in virtù della quale alle parti è concesso fare tutto ciò che non è espressamente vietato, appare più opportuno precisare i limiti e i divieti stabiliti dall’ordinamento alle parti che intendano concludere un contratto.

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