Il contratto non valido si suddivide in due distinte categorie:

  • nullo, se non risponde ai requisiti della legge (interesse pubblico). Tale nullità può essere fatta valere da chiunque ne abbia interesse (art. 1421).
  • annullabile, se è stato concluso in circostanze che hanno viziato la formazione o la dichiarazione di volontà (interesse privato). Tale annullabilità può essere domandata solo dalla parte stabilita dalla legge (art. 1441).

Il negozio nullo o annullabile, se preceduto da trattative, comporta la responsabilità precontrattuale della parte che non ha informato l’altra parte delle cause d’invalidità, pur conoscendole (art. 1338).

Le ipotesi di nullità:

  • la mancanza di un elemento essenziale (art. 1325).
  • l’illiceità della causa, dei motivi, dell’oggetto o della condizione.
  • l’impossibilità/indeterminabilità dell’oggetto (art. 1346) o l’impossibilità della condizione sospensiva (art. 1354).
  • gli altri casi indicati dalla legge (art. 1418).

Le ipotesi di annullabilità:

  • incapacità legale.
  • incapacità naturale (art. 428).
  • I vizi della volontà (art. 1427).

La nullità può essere anche parziale, riguardando solo le clausole (art. 1419). In tal caso il contratto rimane valido se le clausole nulle sono sostituite da norme imperative; al contrario la nullità si estende all’intero contratto se risulta che le parti non avrebbero sottoscritto il contratto senza la parte colpita da nullità.

Nei contratti plurilaterali la nullità che colpisce il vincolo di una sola parte non causa la nullità del contratto, salvo che tale vincolo sia considerato essenziale (art. 1420).

La Convalida/ la conversione e la prescrizione

Il negozio annullabile, a differenza di quello nullo, può essere convalidato. La convalida (negozio unilaterale), anche tacita, può essere fatta dal contraente a cui spettava l’azione di annullamento (art. 1444) Il negozio nullo può però essere convertito quando il negozio nullo sia in grado di produrre gli effetti di un altro negozio del quale contenga i requisiti di sostanza e di forma.

L’azione diretta a far valere la nullità di un contratto, attraverso una sentenza dichiarativa, è imprescrittibile (art. 1422), mentre quella diretta a far valere l’annullabilità, attraverso una sentenza costitutiva, si prescrive in cinque anni (l’eccezione non si prescrive) (art. 1442).

Gli effetti dell’invalidità

Sia il negozio nullo, sia quello annullabile non producono effetti tra le parti. Mentre il negozio nullo non produce effetti neanche per i terzi la retroattività dell’annullamento, benché travolga tutti gli acquisti fatti dai terzi, non è valida se essi sono a titolo oneroso e in buona fede (eccezione: annullabilità del negozio per incapacità legale) (art. 1445).

Se il contratto è nullo la parte danneggiata può pretendere la restituzione delle prestazioni eseguite (art. 2033).

L’annullabilità

Vi sono casi in cui la volontà si sarebbe manifestata in modo diverso o non si sarebbe formata se le parti fossero state a conoscenza di alcune circostanze (errore), non avesse influito un raggiro (dolo) o non fosse stata fatta violenza (art. 1427).

Errore (falsa interpretazione della realtà).

  • ostativo: cade sulla dichiarazione (errore tecnico).
  • errore-vizio: cade sulla formazione della volontà.

Gli errori si dividono in altre due categorie che però sono motivo di annullamento solo quando essi sono stati la ragione unica o principale del contratto.

  • errore di fatto: relativo a circostanze esterne.
  • errore di diritto: relativo alla qualità giuridica della cosa.

I criteri di valutazione dell’errore sono (art. 1428):

  • l’essenzialità (art. 1429) che si realizza nei casi in cui l’errore:
    • cade su natura/oggetto del negozio
    • cade su identità/qualità dell’altro contraente.
    • è stato la ragione unica o principale del contratto (nel caso dell’errore di diritto).
  • la riconoscibilità: sono riconoscibili gli errori che una persona di normale diligenza avrebbe potuto rilevare (art. 1431).

Entrambi i criteri servono per tutelare le parti e per selezionare i casi in cui il rischio debba ricadere su chi ha sbagliato e quelli in cui debba ricadere su chi ha profittato.

Vi sono casi in cui l’errore, pur rilevante, non porta all’annullamento (es. errore di calcolo), ma in cui è sufficiente la rettifica.

Violenza (minacce o pressioni gravi che inducono una parte a concludere un contratto).

  • violenza morale (annullabile).
  • violenza fisica (nullo).

La violenza deve essere di tal natura da far impressione sopra una persona sensata con pari caratteristiche (parametro di confronto) e da farle temere di esporre sé e i suoi beni a un male ingiusto e notevole (art. 1435). Se il male minacciato riguarda altre persone l’annullamento è rimesso alla valutazione del giudice (art. 1436).

La minaccia di far valere un diritto può essere causa di annullamento solo quando è diretta a conseguire vantaggi ingiusti (art. 1438).

Dolo (qualsiasi inganno usato per far cadere in errore la controparte inducendola a concludere il contratto).

  • determinante (art 1439): senza tale inganno risulta che la parte non avrebbe contrattato. Il dolo determinante provoca l’annullamento del contratto e l’obbligo di risarcire il danno.
  • incidente (art. 1440): l’inganno non è tale da poter determinare il consenso, ma le condizioni del contratto. L’errore incidente non provoca l’annullamento del contratto, ma solo il risarcimento del danno.

Il dolo del terzo provoca l’annullamento del contratto solo se gli inganni, noti al contraente, lo avvantaggiano in qualche modo (art. 1439 2° c.).

La reticenza, ovvero il silenzio doloso, è motivo di responsabilità precontrattuale se la parte che aveva l’obbligo di informare l’altra su determinate circostanze non l’ha fatto. In alcuni casi la reticenza provoca l’annullamento del contratto.

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