Giurisprudenza: non può rientrare tra le fonti istituzionale del diritto in quanto nel nostro sistema giuridico non vige il principio della vincolatività del precedente giurisprudenziale. Il principio di legalità esclude piuttosto che il giudice possa giudicare sulla base di regole espresse precedentemente da altri giudici nelle loro sentenze. Se la giurisprudenza fosse da considerare fonte del diritto lo sarebbe solo nel caso concreto.

Autonomia negoziale: un valore normativo viene a volte riconosciuto anche al contratto e in particolare al negozio giuridico. L’art. 1322 riconosce ai privati l’autonomia contrattuale: il potere di determinare liberamente il contenuto economico e normativo del contratto. L’opinione secondo cui il contratto sarebbe fonte di diritto risulta rafforzata dall’art. 1372 che recita “il contratto ha forza di legge tra le parti”, tuttavia, ciò è da intendersi in maniera del tutto particolare se non impropria in quanto relativo solo alle persone cui la sentenza o il contratto si riferiscono. Le fonti del diritto in senso stretto sono dunque solo quelle che esprimono regole astratte ed ipotetiche.

Contrattazione collettiva: l’art. 39 comma 4 Costituzione prevede la stipulazione dei contratti collettivi aventi efficacia generale per tutti gli appartenenti alla categoria sempre che il contratto sia stipulato da un sindacato registrato. La legge che dovrebbe disciplinare la registrazione però non è mai stata emanata, pertanto, i contratti collettivi non dovrebbero avere efficacia generale. Tuttavia, la giurisprudenza finisce per applicare quei contratti collettivi legittimandosi attraverso l’art. 36 comma 1 Costituzione che garantisce ad ogni lavoratore una retribuzione appropriata alla quantità e qualità del suo lavoro. Pertanto il contratto collettivo potrebbe collocarsi in una posizione intermedia tra fonti istituzionali e private.

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