I diversi livelli della contrattazione collettiva

La contrattazione collettiva del settore privato si svolge a vari livelli dell’organizzazione sindacale.

A livello di confederazioni vengono stipulati i grandi contratti nazionali, che riguardano le grandi masse di lavoratori indipendentemente dal settore della produzione e al quale sono addetti. Questi contratti prendono il nome di accordi interconfederali, la loro funzione è quella di regolare esclusivamente singoli istituti (ad es. e l’indennità di contingenza, i licenziamenti collettivi).

A livello delle federazioni vengono stipulati i contratti collettivi nazionali di categoria. Questi contratti sono contratti collettivi per antonomasia, il rinnovo dei quali interessa spesso anche l’opinione pubblica e richiede la mediazione dell’autonomia governativa.

In passato è accaduto che il contratto collettivo nazionale dei mandasse la più completa determinazione della disciplina di qualche istituto alla contrattazione di livello inferiore, territoriale o aziendale. In questi casi parla di contrattazione articolata o di contrattazione a rinvio.

Alla contrattazione collettiva integrativa è demandata all’individuazione di trattamenti economici connessi alla produttività dell’impresa.

L’interpretazione del contratto collettivo. Le questioni concernenti l’efficacia, la validità, l’interpretazione di un contratto o accordo collettivo nazionale nell’impiego privato

Particolari e delicati problemi pone l’individuazione dei criteri di interpretazione del contratto collettivo, tanto nel suo settore privato che in quello pubblico.

Da un lato, la natura di atto di autonomia privata, ancorché collettiva e la conseguente impossibilità di considerare il contratto collettivo come fonte del diritto, escludono la possibilità di una interpretazione condotta secondo i criteri propri dell’interpretazione della legge.

Dall’altro la funzione sostanzialmente normativa cui il contratto collettivo assolve, dettando la regola di una serie aperta e determinata dei rapporti di lavoro, nonché la circostanza che i destinatari di quella disciplina non sono gli autori, sconsigliano un’interpretazione secondo i criteri propri dell’interpretazione del contratto; sconsigliano cioè di assegnare un rilievo determinante a quella che è stata storicamente la volontà comune delle parti stipulanti senza tener conto del significato delle parole.

Secondo la corretta giurisprudenza ha , il consenso che si forma sul testo finale del contratto, assorbe e rende irrilevante ogni altra manifestazione di volontà che pure sia stata resa nel corso delle trattative.

La soluzione del problema è quella di interpretare il contratto collettivo secondo le regole dettate dalla legge per l’interpretazione del contratto, privilegiando quelle regole che conducono alla c.d. interpretazione oggettiva.

Tra queste: il canone secondo il quale le clausole si interpretano le una mediante le altre attribuendo a ciascuna il senso che risulta dal complesso dell’atto (art.1363 cc), e il canone per cui la clausola di significato dubbio deve essere interpretata nel senso in cui può avere qualche effetto, anziché quello secondo cui non avrebbe alcuno ( art.1367 cc), il canone secondo il quale è da preferire l’interpretazione più conveniente alla natura e all’oggetto del contratto (art.1369 cc).

Secondo la giurisprudenza la comune volontà delle parti stipulanti il contratto collettivo deve essere desunta solo a partire da ciò che nelle clausole contrattuali appare obiettivamente voluto.

 

Disdetta, ultrattività e decorrenza del contratto collettivo

L’efficacia del contratto collettivo ha una durata determinata nel tempo.

Nell’esperienza italiana, il periodo di vigenza del contratto collettivo è normalmente di 3 anni, ma non mancano casi in cui quel periodo di durata superiore e inferiore. Il protocollo sul costo del lavoro del luglio 1993 ha posto una distinzione tra la parte normativa, intesa nel senso in cui il termine è usato un linguaggio sindacale, per la quale prevista una durata quadriennale e la parte retributiva o economica, per la quale è prevista una durata biennale.

In assenza di un termine finale, il contratto collettivo consenta comunque recesso unilaterale o disdetta.

Al momento della scadenza, sia normale che una delle parti dia disdetta, non sempre viene tempestivamente stipulato l’accordo di rinnovo.

Per i contratti collettivi corporativi è previsto dall’art. 2074 cc che essi continuavano ad essere efficaci fino alla stipulazione del nuovo contratto collettivo.

Il protocollo sul costo del lavoro del luglio 1993 che, nell’intento di evitare i periodi di c.d. vacanza contrattuale, ha stabilito che le ipotesi di rinnovo devono essere presentate almeno tre mesi prima della scadenza del contratto collettivo nazionale di categoria. Nell’ipotesi in cui siano trascorsi 3 mesi da tale scadenza senza che le parti abbiano stipulato l’accordo di rinnovo, ai lavoratori spetta un elemento provvisorio della retribuzione, denominato indennità di vacanza contrattuale, pari al 30% del tasso di inflazione programmata e, superati i tre mesi, pari al 50% del medesimo tasso.

 

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