Il contratto collettivo, come atto di autonomia privata, ancorché collettiva, è subordinato alla legge, onde la sua contrarietà quest’ultima ne determina la nullità.

Nel nostro sistema la funzione d’autonomia collettiva è stata a lungo individuata nella costante acquisizione in capo ai singoli lavoratori di vantaggi.

Il perdurante e l’approfondirsi della crisi economica hanno determinato interventi del legislatore specificatamente volti a limitare l’autonomia collettiva, nel senso di vietare trattamenti più favorevoli di quelli previsti dalla disciplina legale.

Il legislatore ha consentito espressamente all’autonomia collettiva di derogare anche in pejus alla disciplina dettata dalla legge o ha abilitato quell’autonomia a regolare, con efficacia generale, alcuna materia (c.d. contratti collettivi ” delegati” o ” regolamenti”).

Ciò è avvenuto: con il decreto legge 10 marzo 1978, n. 80, convertito in legge 26 maggio 1978, n. 215 che ha consentito, per un periodo determinato, di derogare, con accordo stipulato dei sindacati maggiormente rappresentativi, in caso di trasferimento delle imprese in crisi.

La legge ha utilizzato la contrattazione collettiva per attenuare la rigidità di alcune norme garantiste al fine di promuovere una maggiore flessibilità del lavoro. La legge ha devoluto alla contrattazione collettiva la materia del contratto di formazione e lavoro, nonché aspetti essenziali della disciplina del contratto di fornitura di lavoro temporaneo.

Parte della dottrina, e i giudici costituzionali, hanno ritenuto che i contratti collettivi ” delegati” o ” regolamento” appartererebbero a un tipo di contratto collettivo diverso da quello dei contratti collettivi e normativi, sia perché produrrebbero effetti diversi da quelli di questi ultimi ed avrebbero efficacia generale, sia perché non regolerebbero i rapporti individuali di lavoro, ma porrebbero limiti al potere del datore di lavoro.

L’interesse collettivo perseguito con i contratti collettivi ” delegati” o ” regolamento” è diverso da quello perseguito da quelli normativi in quanto individuabile in una prospettiva più ampia dal caratterizzata dal conflitto di interessi tra capitale e lavoro.

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