L’art. 1175 c.c. dispone che debitore e creditore devono comportarsi secondo le regole della correttezza. Tale principio viene successivamente ripetuto a proposito dell’esecuzione del contratto.

Esso è espressione di un più generale criterio secondo il quale l’esercizio dei diritti e l’adempimento dei doveri non può contrastare o prescindere dall’osservanza delle regole della correttezza.

L’interpretazione e la collocazione di tale criterio è stato a volte ricondotto ad un imperativo generale di carattere solidaristico di cui è traccia anche l’art. 2 Costituzione Una siffatta lettura del principio di correttezza potrebbe portare a restringere in modo ingiustificato l’ambito degli obblighi a carico delle parti.

In realtà è opportuno utilizzare il criterio di correttezza solo come strumento affinché il comportamento delle parti realizzi in pieno gli interessi perseguiti dalla parti stesse. Dal principio di correttezza sono emersi doveri quale quello di informazione: ad es. non è corretto vendere gomme da neve fornite di chiodi ad un automobilista che transita con la propria autovettura in Germania ove le gomme chiodate sono vietate.

Il criterio della correttezza esige che vengano fornite tutte le informazioni in modo tale da consentire al soggetto che si sta obbligando di valutare e di scegliere consapevolmente.

Allo stesso modo infrange il dovere di correttezza il creditore che, dopo aver consentito ripetutamente al debitore di adempiere all’obbligazione in modo diverso da quello legalmente previsto, impugni il pagamento e faccia valere l’inadempimento del debitore. La violazione della correttezza anche in questo caso risiede nel comportamento.

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