Ammettere che anche il ragionamento della bioetica scientifica si basa su ipotesi, decisioni convenzionali e non oggettive è fondamentale per evitare ambiguità, per garantire un argomentazione chiara e quindi un proficuo dibattito.

In questo senso possiamo ricordare il noto documento sull’embrione umano intitolato “la persona non ha inizio dal concepimento” in cui gli autori (scienziati laici quali Rita Levi-Montalcini e Umberto Veronesi) affermano che quello che gli scienziati cattolici chiamano prodotto del concepimento (cioè un ovocita fecondato) non ha dignità paragonabile a quella che si riconosce ad una persona umana.

Tale documento, anche a seguito dei suoi autori, è caratterizzato da una forte scientificità e per questo porta il lettore a ritenere che quanto in esso affermato sia una tesi oggettiva. Ma in realtà, come detto prima, scientifica non corrisponde ad una descrizione oggettiva di un dato naturale ma è più tosto una tesi ipoteticamente posta e convenzionalmente accettata dalla comunità degli studiosi.

Va comunque detto che spesso anche i sostenitori della posizione pro-life fanno l’errore di pretendere di dare oggettività ad un dato oggettivo e di porre tale dato a fondamento delle scelte in materia di bioetica.

Interessante quanto affermato da Vigna che sottolinea che dal punto di vista strettamente bioetico è impossibile sapere quando avviene con precisione l’esserci della dignità umana e quando questa viene meno. Non si tratta che di indizi, indizi che possono essere interpretati in modo diverso.

Quindi da tutto ciò possiamo dire che non si deve camuffare il reale apporto dello scienziato: sicuramente i dati forniti dalla scienza sono utili ma non la chiave per dare una risposta esatta agli interrogativi posti dalla biotecnologia. Soprattutto non possono essere usati per indirizzare l’attività del legislatore sul tema.

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