La novità principale prodotta dal Trattato di Lisbona è la semplificazione del sistema giuridico, essendo prima tale da creare più di un’incertezza sulla sua vera natura e sull’inquadramento giuridico. Prima di Lisbona l’unica semplificazione è stata il venir meno della Comunità europea del carbone e dell’acciaio nel 2002 a seguito dello scadere dei cinquant’anni dalla sua creazione. Mentre le revisioni dei Trattati istitutivi avevano al contrario complicato l’impianto originario.

Con il sopravvenire dell’Unione europea l’architettura del sistema restava si basata su tre pilastri: la CE e la CEEA e l’Unione europea. Quest’ultima non si era semplicemente aggiunta alle Comunità ma ne costituiva il contenitore all’interno del quale erano loro affiancate due nuove forme di cooperazione create dalle stesso TUE: la politica estera e di sicurezza comune e la cooperazione giudiziaria in materia penale e di polizia. Queste nuove forme di cooperazione avevano fatto venir meno l’omogeneità che, pur nel quadro di una pluralità di Comunità, aveva fino al quel momento caratterizzato il sistema.

Ora organizzato su metodi di azione impostati secondo principi, procedure e strumenti differenziati in ragione dei settori di competenza in gioco: da un lato il metodo cosiddetto intergovernativo, operante nei due settori di cooperazione disciplinati dal TUE e dipendente dalla volontà dei governi, perché basato sul potere decisionale del solo Consiglio da esercitare per lo più all’unanimità e con atti privi di efficacia diretta sui diritti nazionali oltre che sottratti ad un affettivo controllo da parte della Commissione e della Corte di Giustizia; dall’altro lato il cosiddetto metodo comunitario caratterizzato da un processo decisionale in cui giocavano un ruolo anche gli interessi diversi da quelli dei governi dei singoli Stati membri e dal quale scaturivano norme soggette al controllo della Corte suscettibili di essere fatte valere direttamente dai cittadini anche nei confronti della norme nazionali.

Non può quindi sorprendere che il sistema giuridico di Lisbona descritto come frazionato in più enti separati e distinti (le due Comunità e l’Unione), ma anche articolato in tre pilastri (comunitario, politica estera e di sicurezza comune e la cooperazione giudiziaria penale e civile) e operante secondo due metodi di funzionamento diversi (il metodo comunitario e quello intergovernativo).

Al di là della sua apparente complessità emergeva del resto un senso di unitarietà dalle stesse disposizioni dei Trattati allora vigenti: l’Unione era <fondata sulle comunità europee, integrate dalle politiche e forme di cooperazione instaurate> dal TUE; unici ne erano i valori e principi che la guidavano; politiche e azioni della Comunità concorrevano tutti alla realizzazione degli obiettivi indicati nell’art. 2; l’Unione era chiamata a rispettare e sviluppare il patrimonio giuridico comunitario; l’apparato istituzionale assicurava la coerenza e la continuità delle azioni svolte nei diversi pilastri; unica era la struttura di bilancio; una procedure unica era prevista per la revisione dei Trattati istitutivi.

Da canto suo la Corte di Giustizia aveva rafforzato l’idea di una unitarietà del sistema grazie a <una coerenza sistematica dei Trattati>. Già nel 2009 le Comunità europee potevano essere nei fatti considerate non entità distinte ed ulteriori, ma parti integranti di un unico ente, l’Unione europea, al cui interno i due settori della cooperazione in materia penale e di polizia delimitavano diversi ambiti di attività nei quali l’azione dell’Unione si svolgeva secondo regole e criteri differenti, metodo comunitario e intergovernativo.

Con il Trattato di Lisbona, l’unitarietà sostanziale del sistema si trasforma in una unitarietà anche formale del quadro giuridico. Il processo di integrazione viene ad identificare, per il venir meno della Comunità europea, con una sola entità, l’Unione europea. E benché vi siano ancora due distinti trattati questi costituiscono in realtà un complesso normativo unico, perché non comportano alcun frazionamento.

La politica estera e di sicurezza comune rimane anche con il Trattato di Lisbona <soggetta a norme e procedure specifiche>. Tuttavia, a differenza di prima queste sono ora inserite all’interno di un sistema unico fondato sul TUE e TFUE. Anche da un punto di vista formale la politica estera e di sicurezza comune si configura ora non più come un pilastro separato, ma come uno dei settori di competenza dello stesso ente, l’Unione europea, nel cui ambito le istituzioni di questa agiscono secondo norme e procedure specifiche.

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