Per quanto riguarda la funzione legislativa il Trattato CE prevedeva inizialmente soltanto la consultazione obbligatoria del PE da parte del Consiglio in numerosi settori di attività comunitaria come la politica agricola comune, il diritto di stabilimento, la politica dei trasporti, gli accordi di associazione etc. (la lista delle materie si è poi allungata a seguito delle riforme successive).

Oggi, dopo che la procedura di consultazione si è ridotta a profitto di altre procedure che attribuiscono maggiori poteri al Parlamento, i casi di consultazione rilevanti sono quelli in materia di politica agricola comune (art. 39), regole di concorrenza (artt. 83 e 89), armonizzazione fiscale (art. 93).

È rimasta poi in vigore la procedura del parere conforme, con la quale l’AUE accolse il desiderio del PE di assere ascoltato in occasione dell’ammissione di un altro Stato alla Comunità e di conclusione di accordi di associazione. Con il Trattato di Maastricht, il parere conforme del Parlamento (il quale vale ben più che nella consultazione perché è vincolante oltre che obbligatorio) è richiesto anche per gli accordi con Stati terzi (art. 228, ora 300), la cittadinanza europea (art. 8 B, ora 19), i fondi strutturali (130 D, ora 161), la procedura uniforme per l’elezione del Parlamento europeo, la vigilanza BCE.

Sotto la pressione del Parlamento europeo, che si sforzava di ottenere una maggiore influenza sull’attività legislativa della Comunità, come già l’aveva ottenuta in materia di bilancio l’AUE ha introdotto la procedura di cooperazione che si può considerare un primo timido passo verso l’attribuzione di autentici poteri legislativi. Il processo è poi continuato con il Trattato di Maastricht.

Resta tuttavia il fatto che i membri del Parlamento tuttora non hanno il potere di iniziativa legislativa e che lo stesso Parlamento può soltanto formulare una «richiesta» di elaborazione di un atto alla Commissione, il vero titolare dell’iniziativa legislativa.

Con il trattato di Maastricht alcune «voci» sono transitate nel campo delle materie soggette alla codecisione e ne sono state aggiunte altre nuove. Con il trattato di Amsterdam il transito è aumentato in maniera massiccia e oggi la procedura di cooperazione è utilizzata soltanto in materia di politica economica e monetaria (artt. 99, 102, 106 n. 2).

Il meccanismo della procedura di cooperazione introdotto con l’AUE conferisce al Parlamento europeo un diritto di veto sospensivo e un potere di emendamento.

La procedura prevede due letture. La Commissione presenta una proposta al Consiglio il quale, previo parere del PE adotta una posizione comune (art. 252, ex 189 C) che viene comunicata al PE con l’obbligo, per il Consiglio e la Commissione, di informarlo esaurientemente.

Il PE dispone di un termine di tre mesi: se entro questo termine approva questa posizione comune o non si è pronunciato, il Consiglio adotta definitivamente l’atto «in conformità della posizione comune» (art. 252, lett. b). Entro questo stesso termine il PE, a maggioranza dei membri che lo compongono, può proporre degli emendamenti oppure respingere la posizione comune del Consiglio. Se il PE ha respinto la posizione comune del Consiglio, quest’ultimo deve deliberare in seconda lettura all’unanimità (anche se si tratta di un atto per il quale sarebbe richiesta la maggioranza).

Se, invece, il Parlamento propone degli emendamenti, viene rimessa in gioco la Commissione. Essa riesamina entro un mese la sua originaria proposta, cioè la proposta in base alla quale il Consiglio aveva adottato (con deliberazione formale a maggioranza qualificata) la posizione comune e sceglie – non è tenuta a farli propri tutti – gli emendamenti del Parlamento europeo. Sulla base di questo materiale, la Commissione rivede la propria originaria proposta e trasmette al Consiglio, contemporaneamente ad una sua nuova proposta, gli emendamenti del Parlamento europeo che non ha recepito esprimendo il suo parere sugli stessi. Il Consiglio può adottare, ma solo all’unanimità, detti emendamenti, cioè quelli che la Commissione ha scartato. Il Consiglio, infine, deliberando a maggioranza qualificata, adotta la proposta riesaminata dalla Commissione ed eventualmente integrata con gli emendamenti del Parlamento; se vuole, la può modificare, e a questo fine ha un termine di tre mesi. Se i tre mesi trascorrono nell’inerzia del Consiglio tutto cade.

Con il trattato di Maastricht (art. 189 B oggi 251) è stata introdotta una procedura, comunemente definita di codecisione, con la quale il Parlamento si vede riconosciuto il diritto di adottare atti legislativi in unione con il Consiglio. Diversamente dalla procedura di cooperazione, la codecisione permette al Parlamento di definire il contenuto di un testo legislativo comunitario e, all’occorrenza, di opporsi alla volontà del Consiglio. In mancanza di un accordo espresso tra le due istituzioni, l’atto non può essere adottato.

Per effetto del Trattato di Amsterdam, la procedura dell’art. 251 ha sostituito numerose ipotesi di cooperazione, e poiché nello stesso tempo è stata applicata ai nuovi settori della cooperazione comunitaria, si può dire che oggi essa costituisce la regola generale del Trattato.

Ecco il testo dell’articolo 251:

  1. Quando nel presente trattato si fa riferimento al presente articolo per l’adozione di un atto, si applica la procedura che segue.
  2. La Commissione presenta una proposta al Parlamento europeo e al Consiglio.

Il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata e previo parere del Parlamento europeo:

  • se approva tutti gli emendamenti contenuti nel parere del Parlamento europeo, può adottare l’atto proposto così emendato;
  • se il Parlamento europeo non propone emendamenti, può adottare l’atto proposto;
  • adotta altrimenti una posizione comune e la comunica al Parlamento europeo. Il Consiglio informa esaurientemente il Parlamento europeo dei motivi che l’hanno indotto ad adottare la posizione comune. La Commissione informa esaurientemente il Parlamento europeo della sua posizione.

Se, entro un termine di tre mesi da tale comunicazione, il Parlamento europeo:

  1. a) approva la posizione comune o non si è pronunciato, l’atto in questione si considera adottato in conformità con la posizione comune,
  2. b) respinge la posizione comune, a maggioranza assoluta dei membri che lo compongono, l’atto proposto si considera non adottato,
  3. c) propone emendamenti alla posizione comune, a maggioranza assoluta dei membri che la compongono, il testo così emendato viene comunicato al Consiglio e alla Commissione che formula un parere su tali emendamenti.
  4. Se, entro un termine di tre mesi dal ricevimento degli emendamenti del Parlamento europeo, il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, approva tutti gli emendamenti, l’atto in questione si considera adottato nella forma della posizione comune così emendata; tuttavia il Consiglio deve deliberare all’unanimità sugli emendamenti su cui la Commissione ha dato parere negativo. Se il Consiglio non approva tutti gli emendamenti, il presidente del Consiglio, d’intesa con il presidente del Parlamento europeo, convoca entro sei settimane il comitato di conciliazione.
  5. Il comitato di conciliazione, che riunisce i membri del Consiglio o i loro rappresentanti, ed altrettanti rappresentanti del Parlamento europeo, ha il compito di giungere ad un accordo su un progetto comune a maggioranza qualificata dei membri del Consiglio o dei loro rappresentanti e a maggioranza dei rappresentanti del Parlamento europeo. La Commissione partecipa ai lavori del comitato di conciliazione e prende tutte le iniziative necessarie per favorire un ravvicinamento fra le posizioni del Parlamento europeo e del Consiglio. Nell’adempiere tale compito il comitato di conciliazione si richiama alla posizione comune in base agli emendamenti proposti dal Parlamento europeo.
  6. Se, entro un termine di sei settimane dopo la sua convocazione, il comitato di conciliazione approva un progetto comune, il Parlamento europeo e il Consiglio dispongono di un termine di sei settimane a decorrere dall’approvazione per adottare l’atto in questione in base al progetto comune, a maggioranza assoluta dei voti espressi per quanto concerne il Parlamento europeo e a maggioranza qualificata per quanto concerne il Consiglio. In mancanza di approvazione da parte di una delle due istituzioni entro tale termine, l’atto in questione si considera non adottato.
  7. Se il comitato di conciliazione non approva un progetto comune, l’atto proposto si considera non adottato.
  8. I termini di tre mesi e di sei settimane di cui al presente articolo sono prorogati rispettivamente di un mese e di due settimane, al massimo, su iniziativa del Parlamento europeo o del Consiglio.

In estrema sintesi si ha quanto segue.

Il potere di iniziativa spetta sempre alla Commissione che presenta una sua proposta al Parlamento europeo ed al Consiglio. Questo può, in prima lettura, adottare l’atto a maggioranza qualificata in due casi:

  1. a) vengono approvati tutti gli emendamenti apportati dal Parlamento alla proposta e da esso comunicati al Consiglio in un parere (la maggioranza qualificata basterà tuttavia soltanto se la Commissione si dichiara d’accordo sugli emendamenti; altrimenti, in forza dell’art. 250, occorrerà l’unanimità).
  2. b) Il Parlamento europeo non propone emendamenti (ciò significa che i due organi coautori dell’atto sono d’accordo con la proposta della Commissione).

Il Protocollo di Amsterdam sul ruolo dei Parlamenti nazionali nell’Unione europea impone comunque il passaggio di sei settimane dal momento della presentazione della proposta della Commissione.

Al di fuori di queste due ipotesi, il Consiglio, sempre a maggioranza qualificata, adotta una posizione comune (come nella cooperazione) e la comunica al Parlamento europeo. Questo può:

  1. i) approvare la posizione comune o astenersi dal pronunziarsi: in tal caso l’atto è adottato nella forma della posizione comune;
  2. ii) respingere la posizione comune: l’atto è rifiutato;

iii) proporre emendamenti.

In questo caso si inserisce un comitato di conciliazione, entità paritetica tra il Consiglio ed il Parlamento che cerca di avvicinare la posizione delle due istituzioni entro un termine di sei settimane dalla convocazione.

Se riesce ad approvare un progetto comune, il Parlamento e il Consiglio dispongono di altre sei settimane per conformarsi ad esso (il Parlamento a maggioranza assoluta dei suoi membri, il Consiglio a maggioranza qualificata).

Se manca una delle due approvazioni l’atto proposto si considera «non adottato» (cioè respinto). L’atto è respinto anche se il Comitato di conciliazione non raggiunge un accordo.

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