La libera circolazione delle merci tra stati membri è come abbiamo visto assicurata sia dall’unione doganale che dalle regole che impongono il divieto di restrizioni quantitative o di misure di effetto equivalente alle restrizioni quantitative sia alle esportazioni che alle importazioni.

I due obblighi hanno finalità identiche ossia vietare ogni misura che possa restringere gli scambi tra gli stati membri o creare discriminazione tra commercio interno di uno stato membro e commercio intracomunitario. Per quanto riguarda il primo obbligo si vieta agli stati membri qualunque misura volta a provocare una preclusione totale o parziale agli scambi intercomunitari di merci. Per quanto riguarda il secondo obbligo la Corte ha chiarito che costituisce misura di effetto equivalente alla restrizione quantitativa qualunque misura che ostacoli direttamente o  indirettamente gli scambi di merci tra stati membri.

In questo ambito va compresa ogni misura imputabile allo stato membro, adottata da organi centrali o locali. Se il comportamento è invece adottato da privati, se esso è tollerato dagli organi dello stato che avrebbero l’obbligo di provvedere si potrebbe  configurare un loro comportamento omissivo che costituirebbe quindi misura di effetto equivalente imputabile allo stato membro.

La Corte ha poi distinto le misure applicate in modo distinto ai prodotti nazionali ed a quelli importati/esportati e le misure che si applicano in modo indistinto sia ai prodotti nazionali che quelli esportati/importati. Per quanto riguarda le prime sono vietati i provvedimenti che impongono autorizzazioni per le importazioni/esportazioni o che richiedano certificati attestanti la qualità dei prodotti importati o che impongano prezzi diversi ai prodotti nazionali e a quelli importati. Per quanto riguarda le seconde la Corte sembra considerare vietate quelle indistintamente applicabili ai prodotti nazionali e a quelli importati mentre sembra escludere quelle indistintamente applicabili ai prodotti nazionali e a quelli esportati purchè ininfluenti sulla libera circolazione delle merci.

La Corte ha considerato poi vietate le misure che stabiliscono prezzi minimi ad un livello così elevato da neutralizzare il vantaggio posseduto dalle merci importate per il loro prezzo inferiore, o quelle che stabiliscono un prezzo massimo ad un livello talmente basso da portare alla vendita in perdita dei prodotti importati in quanto non consente di coprire i costi di importazione.

La Corte ha poi chiarito che l’applicazione ai prodotti importati da altro stato membro di regole nazionali (es. divieto di apertura domenicale dei negozi) non costituisce in linea di principio una misura equivalente purchè esse incidano ugualmente sul commercio dei prodotti nazionali e su quello dei prodotti importati da altro stato membro.

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