L’attività amministrativo sanzionatorio è diretta a dar vita a conseguenze diverse dal semplice pagamento del tributo, e tali conseguenze sono convenzionalmente riconosciute come sanzioni. Questa attività amministrativa non deve necessariamente sfociare nell’irrogazione della pena, poiché può anche avere carattere di supporto rispetto a quella degli organi giurisdizionali; può avere ad oggetto sia prestazioni di natura pecuniaria, che limitazioni di vario genere (ad esempio la chiusura del pubblico servizio).

L’evoluzione del sistema sanzionatorio tributario

La notevole varietà delle sanzioni tributarie (che possono avere sia natura penale che amministrativa) ha reso molto viva l’esigenza di regole di carattere generale, soprattutto in materia di rapporti tra sanzioni penali ed extrapenali. Proprio questa esigenza fu alla base di una legge del 1929, con la quale si è affermato // principio nominalistico per la distinzione tra le violazioni costituenti reato e i semplici illeciti amministrativi.

Inoltre a questa legge si deve l’elaborazione di una disciplina organica delle sanzioni amministrative tributarie, che era fondata su due tipi di sanzioni amministrative: la soprattassa e la pena pecuniaria. In particolar modo, la soprattassa era una sanzione caratterizzata:

Dalla fissità, in quanto si prevedeva che la sua misura fosse determinata dalla legge in somma pari ad un multiplo o sottomultiplo del tributo evaso, e non fosse suscettibile di variazione;

Dalla possibilità del cumulo con altra sanzione (amministrativa o penale) eventualmente prevista per il medesimo comportamento;

Dall’essere irrogata con gli stessi atti, e sulla base delle stesse regole previste per l’accertamento.

Tutto ciò faceva della soprattassa un accessorio del tributo evaso, avente anche funzione sostitutiva degli interessi.

Invece, la pena pecuniaria era definita come sanzione caratterizzata:

Dalla variabilità, in quanto si prevedeva che la sua natura dovesse essere ogni volta determinata, a seconda della gravità della violazione, tra un ammontare minimo e massimo stabilito dalla legge;

Dall’impossibilità di cumulo con la sanzione penale eventualmente prevista per il medesimo comportamento;

E dall’essere irrogata a seguito di un procedimento amministrativo distinto da quello di accertamento del tributo, ed all’interno del quale il presunto colpevole era ammesso a svolgere le proprie difese anteriormente all’emissione del provvedimento finale.

Pertanto, la pena pecuniaria rappresentava uno strumento che conferiva all’Amministrazione finanziaria di un potere punitivo simile a quello attribuito al giudice penale, e che in qualche modo anticipava quello che è avvenuto di recente con le leggi di cd. depenalizzazione. Con il corso degli anni, questa disciplina ha subito notevoli modifiche, in particolar modo:

Fu estesa l’area di operatività delle pene pecuniarie (con corrispondente emarginazione delle soprattasse), a seguito dell’introduzione del principio dell’autotassazione, facendo leva sull’idea della maggiore efficacia repressiva delle sanzioni graduabili in relazione alla gravità delle violazioni;

Negli anni’80 furono introdotte sanzioni penali in una vasta area di illeciti punti con sole sanzioni amministrative, con contestuale abrogazione del principio di alternatività tra sanzione penale e pena pecuniaria amministrativa;

Infine, la materia delle sanzioni amministrative finanziarie era stata espressamente esclusa dall’ambito operativo delle leggi di riforma della cd. depenalizzazione; con la conseguente inapplicabilità, ad esse, di alcuni principi (tra cui quello dell’intrasmissibilità della sanzione agli eredi del trasgressore).

 

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