I mezzi di impugnazione previsti per il processo tributario sono l’appello, il ricorso per cassazione e la revocazione.

L’appello nel processo tributario, allo stesso modo di come accade nel processo civile, si caratterizza come mezzo di gravame volto ad ottenere dal giudice di secondo grado un riesame della controversia già decisa in primo grado, ed una pronuncia che sostituisca ad ogni effetto quella impugnata. In maniera analoga a quanto accade nel processo civile, nel processo tributario vengono regolati sia i limiti del cd. effetto devolutivo tipico dell’appello, e sia il problema sull’ammissibilità di nuove prove in appello.

Infatti, il decreto legislativo n. 546/1992 prevede che le questioni ed eccezioni non accolte dalla sentenza di primo grado e che non siano state riproposte in appello, si intendono rinunciate; che in appello non possono proporsi nuove domande né nuove eccezioni, a meno che quest’ultime non siano rilevabili d’ufficio; e che il giudice d’appello non può disporre nuove prove, a meno che esse non siano ritenute necessarie ai fini della decisione, o che la parte dimostri di non averle potute fornire in primo grado per causa ad essa non imputabile.

Inoltre, connesso all’appello, è il fenomeno del passaggio in giudicato della sentenza di primo grado per la parte che non costituisce oggetto di impugnazione; e il fenomeno dell’assorbimento nell’appello delle eventuali irregolarità procedimentali che si sono verificate in primo grado, nel senso che tali irregolarità non costituiscono un impedimento per il potere/dovere del giudice di appello di pronunciare sul merito della controversia, disponendo, quando sia necessario, la rinnovazione degli atti nulli compiuti in primo grado. Infatti, la rimessione del processo di primo grado è eccezionale e limitata a pochissime ipotesi, tra cui:

  • Irregolare costituzione o integrazione del contraddittorio nel giudizio di primo grado;
  • Mancanza della sottoscrizione nella sentenza di primo grado.

Inoltre bisogna dire che, all’appello contro le sentenze delle commissioni provinciali si applicano le regole generali applicabili al processo tributario di primo grado, anche se con alcune deroghe-Quanto al termine per appellare, esso è stabilito in 60 giorni (invece di 30 giorni) decorrenti dalla notificazione della sentenza di primo grado, su richiesta di parte, e a mezzo di ufficiale giudiziario.

In mancanza di tale notificazione, opera il cd. termine lungo di lanno, che decorre dal deposito della sentenza da appellare. Il giudice competente ad esaminare l’appello viene individuato nella Commissione tributaria della Regione in cui ha sede la Commissione tributaria provinciale che ha emesso la sentenza impugnata.

Per gli Uffici periferici dell’Amministrazione finanziaria, la legittimazione ad impugnare (ma solo per l’appello principale, e non anche per appello incidentale) è stata subordinata ad una preventiva autorizzazione dell’Ufficio gerarchicamente superiore.; con la conseguente inammissibilità delle impugnazioni che da tale autorizzazione non siano state precedute.

Infine, bisogna dire che, il contenuto dell’atto di appello, le modalità della sua notificazione, e quelle della costituzione dell’appellato sono regolati in modo conforme alla disciplina del processo di primo grado, ma con alcune differenze, tra cui:

  • E’ stabilito che, quando l’appello non è stato notificato a mezzo di ufficiale giudiziario, l’appellante, a pena d’inammissibilità, deve depositare una copia dell’atto di appello anche presso la segreteria della Commissione che ha pronunciato la sentenza impugnata;
  • La legge richiede poi che l’atto di appello contenga, a pena d’inammissibilità, l’indicazione dei motivi specifici dell’impugnazione; questi motivi non possono essere successivamente modificati;
  • Infine, l’appellato può proporre appello incidentale, a pena d’inammissibilità, solo con atto di costituzione depositato entro 60 giorni dalla notificazione dell’appello principale-

Contro le sentenze della Commissione tributaria regionale è poi ammesso Il ricorso per cassazione, il quale rimane del tutto sottoposto alle regole previste per il processo civile, ed in primo luogo a quelle per le quali è proponibile solo per i motivi di legittimità specificamente indicati nell’art. 360 c.p.c. Regole particolari sono invece previste nel caso in cui la Corte di Cassazione emetta una sentenza di rinvio ad altra commissione provinciale o regionale. In questa caso, la legge prevede che la riassunzione deve essere fatta nei confronti di tutte le parti personalmente entro il termine di 1 anno dalla pubblicazione della sentenza.

E’ importante ricordare, infine, che la mancata riassunzione nei termini previsti dalla legge comporta l’estinzione dell’intero processo, e il conseguente consolidarsi dell’atto impugnato-Anche le sentenze delle Commissioni tributarie possono essere oggetto del rimedio eccezionale della revocazione. Esso consiste nella possibilità di ottenere il riesame della sentenza da parte della stessa Commissione che l’ha emessa, ed opera nelle sole ipotesi indicate nell’art. 395 c.p.c. (se le sentenze sono l’effetto del dolo di una delle parti in danno dell’altra; se si è giudicato in base a prove riconosciute o comunque dichiarate false dopo la sentenza; se dopo la sentenza sono stati trovati uno o più documenti decisivi che la parte non aveva potuto produrre in giudizio per causa di forza maggiore o per fatto dell’avversario, ecc.).

 

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