La restituzione delle somme eventualmente pagate in misura maggiore del dovuto è sottoposta a regole particolari. Infatti, l’ordinaria azione civilistica prevista dal ce. (art. 2033) è ritenuta esercitabile solo nei rari casi in cui l’Amministrazione abbia ottenuto il pagamento di un tributo sulla base di atti in situazione di cd. carenza assoluta di potere (ad esempio, la richiesta di un tributo non previsto dalla legge).

Mentre, di solito, la ripetizione dell’indebito è sottoposta a regole di settore, volte a bilanciare le esigenze della certezza delle somme acquisite dall’Amministrazione finanziaria e del rispetto della capacità contributiva individuale. In merito, bisogna distinguere tra tipi di situazioni, a seconda che l’indebito dipenda:

dall’erroneo addebito del tributo nell’ambito di un rapporto di rivalsa;
da errori commessi dal contribuente nell’ambito del versamento diretto;
da errori commessi dall’Amministrazione nell’esercizio delle sue funzioni di accertamento e riscossione.

A) La prima ipotesi ricorre solitamente nei casi di applicazione dell’IVA o di ritenute alla fonte, in misure maggiori del dovuto. In questo caso si ha una rottura tra il soggetto che ha provocato l’indebito (il cedente, o il sostituto d’imposta) e quello che ne subisce le conseguenze (il cessionario, o il sostituito). Nel campo dell’IVA, non esiste alcuna norma che preveda il rimborso dell’imposta erroneamente applicata.

La giurisprudenza, per ovviare a questa lacuna, fa ricorso alla norma civilistica che prevede la proponibilità di azione civile di indebito da parte del cessionario verso il cedente entro l’ordinario termine decennale (art. 2033 ce), e ad un’apposita norma tributaria che prevede un’azione (tributaria) di rimborso da parte del cedente nei confronti dell’Amministrazione entro il termine di 2 anni dal pagamento.

Questa soluzione solleva molti dubbi, dovuti al fatto che la disciplina dell’IVA, nonostante non preveda la proponibilità di azioni di rimborso, contempla però la possibilità, per il cedente, di ovviare agli eventuali errori di fatturazione mediante l’emissione, entro un anno dall’operazione, di una apposita noto di voriozione. alla quale la legge ricollega il diritto, per l’emittente, di recuperare le somme nei confronti dell’Amministrazione, e, per il destinatario, il diritto alla restituzione dell’imposta da parte del cedente.

E parte della dottrina, dunque, ritiene che sia questo l’unico procedimento previsto dalla legge per il recupero dell’IVA erroneamente applicata. Nel campo delle ritenute, invece, la legge consente al sostituto d’imposta che abbia versato imposte maggiori del dovuto di presentare richiesta di rimborso, entro 4 anni dal versamento; ed aggiunge che la stessa richiesta può essere presentata da colui che percepisce le somme soggette a ritenuta, sempre entro il termine di 4 anni, decorrenti dalla data in cui la ritenuta è stata eseguita;

B) In caso di indebito derivante da errori commessi da contribuente nell’effettuazione dei versamenti diretti, la disciplina prevede la presentazione di una richiesta, entro termini decadenziali (invece che prescrizionali), nettamente più brevi del normale termine decennale previsto dalle norme civilistiche. In particolare, la legge riconosce al contribuente la possibilità di presentare istanza di rimborso dei versamenti diretti e delle ritenute dirette entro 4 anni dal versamento (o dall’applicazione della ritenuta) nel caso di errore materiale ed inesistenza totale o parziale dell’obbligo di versamento (D.P.R. n. 602/1973);

C) Infine, per quanto attiene all’indebito derivante da errori contenuti in atti impugnabili dinanzi alle Commissioni tributarie (errori, di fatto o di diritto, contenuti in avvisi di accertamento), gli orientamenti dominanti ritengono che non sia proponibile richiesta di rimborso qualora gli atti medesimi non siano stati tempestivamente impugnati.

Il regime degli interessi

Nel campo tributario, gli interessi possono suddividersi tra quelli che accedono e quelli che non accedono ad imposte già iscritte a ruolo (per ruolo si intende l’elenco dei debitori e delle somme da essi dovute formato dall’Ufficio ai fini della riscossione a mezzo del concessionario). Per quanto riguarda gli interessi relativi alla fase antecedente l’iscrizione a ruolo, la disciplina degli interessi tributari si differenzia da quella degli interessi moratori previsti dal ce. sotto diversi punti di vista.

Ad esempio, per quanto riguarda la misura, essa non coincide con il normale tasso legale, e viene di volta in volta, stabilita dal legislatore tributario. Mentre, per quanto concerne gli importi già iscritti a ruolo, sono invece dovuti, nel caso di tardivo pagamento, ali interessi di moro. Essi sono calcolati sull’intero ammontare delle somme dovute dal contribuente, con decorrenza dalla data di notifica della cartella di pagamento, e ad un tasso determinato annualmente dal Ministero dell’Economia.

 

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