L’invito a comparire, o ad esibire atti e documenti

Tra i principali poteri conoscitivi riconosciuti alla pubblica amministrazione ricordiamo quello di acquisire le conoscenze invitando il cittadino a comparire o ad esibire gli atti e i documenti. Nello specifico:

  • L’invito a comparire può essere rivolto ai contribuenti; deve contenere una specifica indicazione del motivo; deve essere diretto all’acquisizione di dati e notizie rilevanti ai fini dell’accertamento nei loro confronti;
  • Che, in occasione della comparizione, deve essere redatto un apposito verbale, sottoscritto anche dal contribuente, e contenente le richieste fatte e le risposte ricevute;
  • E che, infine, l’invito ad esibire atti e documenti può avere ad oggetto, nei riguardi dei soggetti obbligati alla tenuta delle scritture contabili, anche i bilanci e i registri fiscalmente obbligatori.

Il questionario tributario

La legge poi riconosce agli uffici delle imposte dirette ed agli uffici IVA anche la possibilità di inviare ai contribuenti questionari relativi a dati e notizie rilevanti ai fini dell’accertamento nei loro confronti, con invito a restituirli compilati e firmati. Del questionario tributario, nella prassi, si fa un esercizio assai più largo rispetto a quello previsto dalla disciplina in questione, nel senso che ad esso spesso si ricorre per chiedere l’esibizione di atti, registri, documenti, e a volte la trasmissione dell’intera documentazione contabile.

La richiesta di chiarimenti

Molto simile al questionario è la richiesto di chiarimenti, che è un tipo di iniziativa conoscitiva ancora mancante di una disciplina specifica, e tuttavia sempre più spesso prevista nella più recente legislazione in relazioni a particolari accertamenti. La richiesta di chiarimenti è prevista per il campo degli accertamenti induttivi (ai fini delle imposte dirette e dell’IVA) nei confronti delle imprese minori e degli esercenti arti e professioni, relativamente ai quali si è da un lato consentito agli uffici finanziari di utilizzare coefficienti presuntivi per rettificare i ricavi e i compensi dichiarati, ma allo stesso tempo si è disposto che tutto ciò sia possibile farlo solo dietro richiesta al contribuente di chiarimenti da inviare per iscritto entro 60 giorni.

Nella risposta devono essere indicati i motivi per cui i ricavi ed i compensi dichiarati sono inferiori a quelli risultanti dall’applicazione dei coefficienti. I motivi non indicati nella risposta non possono essere fatti valere in sede di impugnazione dell’accertamento. La richiesta di chiarimenti si distingue dal questionario per il carattere obbligatorio del primo, nel senso che la richiesta di chiarimenti è caratterizzata da finalità garantiste ed inserito nell’iter formativo di particolari provvedimenti.

In poche parole, la legge prescrive che devono essere acquisiti preliminarmente i chiarimenti del contribuente sulle specifiche situazioni prese in considerazioni dall’Ufficio. In definitiva, la richiesta di chiarimenti sembra collocarsi più nella disciplina del contraddittorio nella fase del procedimento accertativo, che in quella della semplice acquisizione di dati e notizie. Di conseguenza, l’irregolarità di tale richiesta costituisce motivo di illegittimità del provvedimento finale.

Gli accessi, le ispezioni e le verifiche tributarie

Notevole rilevanza ha il potere, riconosciuto agli uffici finanziari, di acquisire conoscenze fiscalmente rilevanti attraverso l’effettuazione di accessi, ispezioni e verifiche tributarie nei locali in cui il contribuente opera. Per potere di accesso si intende la possibilità di entrare, e trattenersi, nei locali del contribuente, anche contro la sua volontà; mentre per ispezioni e verifiche si intendono le successive attività conoscitive, che possono avere ad oggetto sia registri, atti e documenti che ogni altro elemento fiscalmente rilevante.

Nello specifico, le ispezioni sono attività autoritative di ricerca, mentre le verifiche consistono in esami di quanto rinvenuto o spontaneamente mostrato dal contribuente. In tutti questi casi, le conoscenze vengono acquisite con sacrificio dell’interesse individuale alla riservatezza del contribuente. L’ambito operativo di questi poteri ha subito notevoli cambiamenti dovuti all’evoluzione sia dell’ordinamento tributario che delle ideologie in materia di tutela della privacy nei confronti del Fisco.

Infatti, fino al 1936 , l’esercizio dei poteri di accesso ed ispezione era consentito solo ai fini delle imposte dirette, e solo nei confronti dei cd. soggetti tassabili in base a bilancio. Successivamente, si consentì l’effettuazione di accessi, ispezioni e verifiche anche nei confronti delle imprese individuali. Ed infine, con la Riforma tributaria degli anni ’70 si è aperta la strada alla possibilità di esercizio di questi poteri anche nei confronti degli esercenti arti e professioni. Tutto ciò solo per quanto riguarda le imposte dirette e l’IVA; mentre resta tuttora non consentito l’esercizio di questi poteri (salvo limitate eccezioni, come le cessioni d’azienda) ai fini delle imposte indirette sui trasferimenti.

Il legislatore attribuisce il potere di effettuare accessi, ispezioni e verifiche sia agli uffici finanziari operativi della Guardia di finanza, subordinandone l’esercizio, in certi casi, ad una preventiva autorizzazione dell’autorità giudiziaria (Procura della Repubblica). In merito, la legge dispone che:

Gli accessi, le ispezioni e le verifiche possono essere sempre disposti ed eseguiti nei locali destinati all’esercizio di attività commerciali o agricole, ovvero all’esercizio di arti e professioni;

  • Occorre invece una preventiva autorizzazione del Procuratore della Repubblica quando si vogliono effettuare accessi in locali al tempo stesso destinati sia all’esercizio di attività commerciali, professionali o agricole, che all’abitazione;
  • Occorre una preventiva autorizzazione anche quando, nel corso dell’accesso si intende procedere sa perquisizioni personali o all’apertura coattiva di borse, casseforti, mobili, e simili; ovvero quando si vogliono esaminare documenti, o richiedere notizie, relativamente ai quali sia stato eccepito il segreto professionale;
  • E, infine, possono essere disposti accessi anche in locali diversi da quelli sopra indicati (e quindi anche in locali destinati esclusivamente ad abitazione), sempre dietro autorizzazione del Procuratore della Repubblica, soltanto in presenza di gravi indizi di violazioni fiscali.

Per quanto riguarda l’esecuzione delle ispezioni fiscali, si tratta della fase attuativa del provvedimento che le dispone. Tale provvedimento va ravvisato nell’autorizzazione data dal capo dell’ufficio (o dal Comandante di zona della Guardia di Finanza) ai soggetti delegati alla sua esecuzione. L’esecuzione delle ispezioni fiscali è costituito da una serie di attività materiali (indagini, ricerche, controlli, ecc.), le quali sono sottoposte da una serie di regole generali.

Innanzitutto, per quanto riguarda le indagini meramente amministrative, esse non sono sottoposte alle regole stabilite per le ispezioni previste dal c.p.p.: tali regole potranno essere applicate solo nel momento in cui emergano estremi di reato, e l’indagine medesima si trasformi in indagine di polizia giudiziaria. Le ispezioni fiscali non riguardano solo le scritture contabili e i documenti che il contribuente è obbligato a tenere, ma anche tutti i libri, registri e documenti trovati nei locali, anche se non obbligatori.

Infine, tutte le operazioni eseguite nel corso dell’ispezione fiscale devono risultare in un apposito verbale, che deve essere sottoscritto anche dal contribuente. Con l’introduzione dello Statuto del contribuente (legge n. 212/2000), sono state apportate notevoli cambiamenti alla disciplina delle ispezioni fiscali.

In particolare, è stato sancito che tutti gli accessi, ispezioni e verifiche nei luoghi destinati all’esercizio di attività di impresa o professionali sono effettuati sulla base di esigenze effettive di indagine sul luogo, e devono di regola svolgersi in modo da arrecare la minore turbativa possibile alle attività del contribuente; che il contribuente ha diritto di esser informato, all’inizio della verifica, delle ragioni che la giustificano, e delle facoltà di farsi assistere da un professionista.

In poche parole, si tratta di previsioni normative volte a porre in essere una serie di diritti e di garanzie a favore del contribuente sottoposta ad ispezioni fiscali. Se alla fine dell’ispezione fiscale, emergono delle irregolarità, in tal caso tale ispezione si concluderà con la compilazione di un atto, detto Processo verbale di constatazione, mediante il quale vengono comunicate le violazioni emerse al contribuente; quest’ultimo nei 60 giorni successivi, può a sua volta formulare osservazioni sulle irregolarità riscontrate.

E l’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza di tale termine, salvo i casi di particolare urgenza. Il processo di verbale constatazione, quindi, da un lato conclude l’ispezione, dall’altro, invece, rappresenta un atto preliminare all’esercizio di altri poteri, ossia quelli relativi all’accertamento del tributo ed all’irrogazione della sanzione.

Le indagini bancarie

Per quanto riguarda l’acquisizione di conoscenze presso Istituti di credito, fino alla Riforma degli anni ’70 dominava l’idea che l’amministrazione finanziaria non potesse acquisire coattivamente notizie presso gli Istituti di credito, relativamente ai rapporti da essi intrattenuti con i clienti. Un cambiamento di rotta verso la possibilità di acquisire coattivamente notizie bancarie da parte degli uffici tributari si è avuto con la Riforma tributaria dei primi anni ’70, ma solo per il campo delle imposte dirette, e limitatamente ad alcune ipotesi, tassativamente fissate dalla legge, di gravi inadempienze tributarie.

Successivamente, questa disciplina venne applicata anche nel campo IVA, con l’introduzione anche di una sorta di inversione dell’onere della prova (a carico del contribuente), relativamente alle notizie scaturite dalle indagini bancarie. In merito, la legge ha sancito che queste notizie possono essere legittimamente essere poste a fondamento delle rettifiche delle dichiarazioni presentate se il contribuente non dimostra di averne tenuto conto nelle dichiarazioni medesime.

L’esercizio dei poteri conoscitivi nei riguardi dei soggetti diversi dai contribuenti

I poteri conoscitivi possono essere esercitati anche nei confronti dei soggetti non contribuenti. Infatti, è previsto che gli uffici finanziari possono richiedere:

  • Alle pubbliche amministrazioni e agli enti pubblici, dati e notizie relativamente a soggetti indicati nominativamente o per categorie;
  • Ai notai, ai conservatori dei registri immobiliari ed altri pubblici ufficiali, la trasmissione di copie di atti e documenti presso i medesimi depositati;
  • A qualsiasi altro soggetto, l’esibizione di atti o documenti fiscalmente rilevanti che riguardano specifici rapporti intrattenuti con il contribuente.

 

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