I criteri selettivi per l’esercizio dei poteri di controllo

Tra i principali atti d’indirizzo esterno ricordiamo:

a) I criteri selettivi per l’esercizio dei poteri di controllo;

b) Il redditometro;

c) Gli studi di settore.

Per quanto riguarda i criteri selettivi, è necessario dire che legge prevede che / controlli sulle imposte dirette e sull’IVA vengono effettuati sulla base di criteri selettivi fissati annualmente dal Ministro delle finanze, tenendo anche conto delle capacità operative dei singoli uffici. Le ragioni che stanno alla base di questa soluzione stanno nell’esigenza di procedere alla selezione delle posizioni tributarie, garantendo imparzialità e obiettività dell’azione amministrativa.

I criteri selettivi possono riguardare il numero totale dei controlli che nel corso dell’anno devono essere effettuati dai singoli uffici, in considerazione della loro capacità operativa; l’utilizzazione di tale capacità operativa; ed infine, i modi e i termini della formazione di apposite liste di contribuenti, che evidenziano situazioni di astratta pericolosità sociale.

 

Il redditometro

Con l’espressione redditometro viene di solito identificato H provvedimento (decreto ministeriale) diretto ad orientare l’attività degli uffici periferici nella quantificazione degli imponibili determinabili in sede di accertamento sintetico del reddito delle persone fisiche. Esso riguarda, quindi, l’esercizio di poteri relativi alla valutazione di risultati acquisiti, ai fini della determinazione dell’ammontare degli imponibili presumibilmente occultati.

La particolarità dell’accertamento sintetico sta nel fatto che con esso l’ufficio determina il reddito complessivo attribuibile al singolo contribuente sulla base di elementi indicativi di capacità contributiva (disponibilità di autoveicoli, aerei, residenze secondarie, ecc.). Detto questo, il redditometro non è altro che l’atto amministrativo con il quale il Ministro delle Finanze stabilisce indici e coefficienti presuntivi per la quantificazione del reddito.

L’attuale redditometro è ancora basato sugli indici di capacità contributiva elencati dal D.P.R. n. 600/1973. In esso sono fissati gli importi-base dei redditi; sono poi determinati i coefficienti moltiplicatori di tali valori, ecc. ma accanto alle disposizioni attinenti al quantificazione del reddito, il redditometro contiene altre disposizioni di tutt’altro tipo. Ciò si ha, ad esempio, quando viene stabilito in quali casi i beni e i servizi possono essere considerati nella disponibilità delle persone fisiche.

Attorno al redditometro sono sorti molti dubbi che sembrano causati dall’idea secondo la quale, il redditometro sarebbe espressione di funzione normativa ( e non amministrativa). Sembra, invece, più corretto ravvisare nel decreto ministeriale in questione una fondamentale espressione di funzione amministrativa d’indirizzo, giustificata dall’esigenza di garantire uniformità ed imparzialità nella delicata attività di concreta determinazione, da parte degli uffici periferici, della quantità di ricchezza riferibile ai singoli elementi indicativi di capacità contributiva.

 

Gli studi di settore

Funzione sostanzialmente analoga a quella del redditometro hanno anche gli studi di settore. Infatti, anche in questo caso ci troviamo di fronte a strumenti di orientamento dell’attività valutativa da parte degli uffici periferici; ma che riguardano la determinazione presuntiva dei ricavi realizzati da imprese minori o da esercenti arti e professioni. Tali strumenti vengono emanati sotto forma di decreto del Ministro delle finanze.

Il fine perseguito, in questo caso, consiste nel ridimensionare il fenomeno di diffusa evasione riscontrabile presso le categorie economiche in questione, migliorando gli strumenti tecnici per l’effettuazione di accertamenti presuntivi nei loro confronti. A tal proposito, la strada intrapresa è quella della predeterminazione, attraverso atti aventi forma regolamentare, di indici e coefficienti che consentano di verificare l’ammontare dichiarato dei ricavi, sulla base di elementi esteriori, e facilmente controllabili, dell’attività del contribuente (ad esempio, i consumi energetici, il valore dei beni strumentali impiegati, ecc.).

Questa materia è stata oggetto di numerose modifiche. In particolare, la possibilità di rettificare i ricavi delle imprese minori e degli esercenti arti e professioni sulla base di presunzioni desunte dalla caratteristiche esteriori delle attività esercitate era già prevista dalla legge Visentini-ter del 1985, ma era rimasta sulla carta per la carenza di elementi che potessero orientare in tal senso l’operato degli uffici. Successivamente, si propose di rendere operante questa possibilità con l’introduzione di coefficienti di congruità ( che avrebbero dovuto consentire i selezionare le posizioni fiscalmente anomale) e di coefficienti presuntivi di reddito (che sarebbero dovuti servire alla ricostruzione presuntiva dell’ammontare dei ricavi).

Ed infine, per rendere ancora più efficace l’azione di accertamento, sono stati introdotti i cd. Studi di settore. Essi consistono nell’individuazione di campioni significativi di contribuenti dei diversi settori economici, al fine di poter individuare elementi caratterizzanti l’attività esercitata. Anche qui, si pongono gli stessi dubbi posti per il campo del redditometro. E di conseguenza, anche qui sembra giusto ritenere che gli studi di settore facciano parte della categoria degli atti amministrativi d’indirizzo.

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