L’IVA è stata introdotta nel 1972 (D.P.R. n. 633/1972) a seguito di Direttive comunitarie, volte all’armonizzazione delle imposte sugli scambi nei singoli Stati membri. Per capire meglio le scelte che sono state alla base dell’introduzione dell’IVA, è necessario analizzare le imposte sugli scambi precedentemente adottate, e gli inconvenienti che esse presentavano.

In precedenza, l’imposizione sugli scambi era basata su una imposta, ossia l’imposta generale sull’entrata, la cd. IGE., che era qualificata come plurifase, cumulativa e a cascata: plurifase, perché essa solitamente era applicata con aliquota molto bassa (3%), su tutte le fasi della produzione e degli scambi di beni e servizi; cumulativo, perché in ogni fase l’imposta veniva applicata sul valore pieno dell’operazione, con il conseguente progressivo cumularsi dei prelievi effettuati nelle diverse fasi del ciclo produttivo e distributivo; a cascato, perché l’imposta che gravava sul consumatore risultava costituita, non solo da quella parte che gli veniva addebitata al momento dell’acquisto del bene servizio, ma anche dei prelievi che erano stati effettuati nelle precedenti fasi del ciclo produttivo e distributivo, e che quindi si riversano sul consumatore stesso sotto forma di aumento del prezzo, in virtù del fenomeno della traslazione delle imposte. Però, l’IGE presentava due gravi inconvenienti, che finirono con il determinarne l’abbandono, ossia il difetto di neutralità e quello di trasparenza.

Il difetto di neutralità consiste nel fatto che questo tipo di imposta davano un netto vantaggio a quelle imprese che riuscivano a contenere il numero dei passaggi antecedenti la vendita dei prodotti al consumatore finale. Ciò provocava degli effetti negativi sulla concorrenza tra le imprese.

Parti Prezzo Imposta Parti Prezzo Imposta
A-B 100 3 A-B 100 3
B-C 200 6 B-D 300 9
C-D 300 9 Totale 12
Totale 18

A: produttore; B: Grossista; C: Dettagliante; D: Consumatore finale

Il difetto di trasparenza consiste nel fatto che le imposte a cascata gravano sul consumatore finale in misura che non è univocamente individuabile dall’esterno. Ciò lo si può ben notare nella precedente tabella, dove nel primo caso l’imposta che grava sul consumatore è parti al 6% del prezzo, mentre nel secondo caso è pari al 4%.

Questi problemi si aggravavano notevolmente nell’ambito degli scambi tra soggetti appartenenti a Paesi diversi della Comunità Europea. Infatti, in materia di imposte sugli scambi, gli accordi internazionali prevedono normalmente che esse devono essere applicate dallo Stato in cui avvengono le varie fasi produttive (cd. Stato d’origine), e nello Stato di destinazione, nel quale le merci vengono destinate al consumo; quindi per evitare una doppia tassazione, il Paese d’origine deve restituire i prelievi effettuati nel corso delle varie fasi produttive all’esportatore, in modo da consentire la tassazione dei beni esportati nel Paese di destinazione.

Quindi, il principio che sta alla base del sistema tributario degli scambi internazionali è quello della cd. detassazione delle esportazioni e tassazione delle impostazioni. Però i rimborsi all’esportazione, nel caso di imposte cumulative e non trasparenti, potevano essere effettuati solo sulla base di percentuali forfetarie, diverse per ogni singolo prodotto. In tal modo, ogni singolo Paese poteva avvantaggiare le vendite dei prodotti nazionali nei mercati esteri, con l’applicazione di percentuali basse.

Questi inconveniente, quindi, hanno fatto emergere l’esigenza di introdurre imposte sugli scambi che rispettassero le esigenze della neutralità e della trasparenza. Per questo motivo, venne introdotta l’ Imposta sul valore aggiunto, che era già stata in precedenza adottata in Francia. La caratteristica principale di questa imposta è di essere anch’essa una imposta generale e plurifase; ma non è cumulativa (perché applicata, con aliquota al solo valore aggiunto nelle diverse fasi del ciclo produttivo e distributivo); non è a cascata (perché trasparente e del tutto neutrale). Tornando alla precedente tabella, con l’applicazione di questo nuovo modello di imposizione avremo (con aliquota del 6%):

Parti Prezzo Val.agg. Imp.dov. Parti Prezzo Val. agg. Imp. dov.
A-B 100 100 6 A-B 100 100 6
B-C 200 100 6 B-D 300 200 12
C-D 300 100 6 Totale 18
Totale 18

Come possiamo ben notare, in entrambi i casi, l’imposta complessivamente riscossa è uguale, e corrispondente al 6% del valore del bene, nonostante la diversità del numero dei passaggi. Bisogna precisare che, questo risultato viene raggiunto perché ogni singolo operatore economico è gravato dell’obbligo di addebitare al destinatario dell’operazione una imposta che viene applicata sull’intero valore dell’operazione medesima, e di versare allo Stato solo la parte d’imposta corrispondente al valore aggiunto (per valore aggiunto si intende la differenza tra il valore di acquisto e quello di vendita di un medesimo bene):

Prezzo Imp.Add. Val. agg. Da versare
100 6 100 6
200 12 100 6
300 18 100 6
18

Parti A-B B-C C-D Totale

 

Da questa tabella possiamo vedere che l’imposta che ciascun operatore economico dovrà versare allo Stato è praticamente la differenza tra l’imposta applicata sulla vendita e quella che ciascun venditore aveva già subito sul precedente acquisto. Quindi si afferma il principio della detrazione delle imposte subite sugli acquisti da quelle applicate sulle vendite; e di conseguenza, il soggetto passivo sarà tenuto a versare allo Stato solo la differenza tra imposta sulle vendite e quella sugli acquisti.

 

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