Il Consiglio regionale, oltre ad organizzarsi sulla base di principi costituzionali, si organizza in base ad un regolamento interno che autonomamente si dà.

Nei primi statuti era prevista per l’approvazione del regolamento la maggioranza assoluta, per tutelare le minoranze.

Tra i nuovi statuti si nota che tale regola è stata abbandonata ( tranne in Calabria ed in Umbria): troviamo la maggioranza semplice e quella qualificata. Particolare è la situazione delle Toscana, nella quale per l’approvazione del regolamento è richiesta la maggioranza dei ¾ nel primo scrutinio, quella dei 2/3 nelle due successive, poi è sufficiente la maggioranza semplice.

I regolamenti consiliari, proprio come quelli parlamentari, disciplinano l’organizzazione interna del Consiglio, nonché i termini in cui si instaurano i rapporti tra i vari organi regionali e tra gli organi regionali e quelli di enti diversi.

Tuttavia manca una disposizione costituzionale che attribuisca espressamente la facoltà di autoregolamentarsi alla regione. Secondo la dottrina oggi più prevalente il fondamento della potestà regolamentare del Consiglio riposa nell’autonomia organizzativa e funzionale dell’organo, ragion per cui le materie disciplinate dai regolamenti non possono esser disciplinate con fonte diversa, poiché si deve ritenere che siano coperte da riserva costituzionale implicita.

Per quanto riguarda la sindacabilità dei regolamenti consiliari da parte della Corte Costituzionale ci sono state tre fasi: nella prima fase la Corte considera i regolamenti consiliari atti amministrativi; nella seconda fase considera possibile la sottoposizione dei regolamenti al giudizio della Corte; nella terza fase invece si è pronunciata nettamente per la loro insindacabilità.

Accanto al regolamento principale ne esistono di “minori” che non hanno rilievo esterno e disciplinano l’attività e l’organizzazione degli organi interni del Consiglio.

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