Gli statuti delle Regioni di diritto comune hanno accolto una nozione di programmazione non ristretta al campo economico bensì estesa a tutte le attività regionali: la programmazione come metodo per realizzare lo sviluppo equilibrato dell’economia regionale.

Si prende coscienza del fatto che sia necessario cambiare il modo di amministrare, realizzare rapporti di coordinazione, collaborazione tra i vari livelli dell’amministrazione.

Finora tuttavia la traduzione in concreto del principio collaborativo non ha inciso particolarmente sui rapporti tra organi di periferia ed in modo particolare su Stato e Regioni. Il silenzio della Costituzione a riguardo è biasimevole, anche se si dovesse pensare che il legislatore di revisione ha fatto conto sull’ormai rodato sistema delle conferenze.

La trasformazione del canone di leale cooperazione da formula giurisprudenziale a dato positivo si deve alla L 59/1997, anche se già lo spirito di cooperazione si coglie nella disciplina della conferenza di servizi prevista dalla L 241/1990.

Il t.u. attribuisce ampio raggio d’azione alle leggi regionali, poiché esse devono predisporre strumenti e procedure di raccordo e concertazione anche permanenti, che diano luogo a forme di cooperazione strutturali e funzionali al fine di consentire la collaborazione e l’azione coordinata tra Regioni ed enti locali nell’ambito delle rispettive competenze.

L’attribuzione alla legge regionale di tali competenze deve tuttavia essere armonizzata con l’istituzione del Consiglio delle autonomie locali, che deve essere previsto dallo statuto.

Le modalità di formazione, struttura e funzionamento del nuovo organo sono rimesse ai consigli regionali: i nuovi statuti individuano una serie di ipotesi in cui il parere del Consiglio è obbligatorio: modifiche statutarie, leggi di bilancio, atti di programmazione etc.

Talvolta si prevede che il parere negativo possa essere superato dagli organi di indirizzo politico, ma con la riapprovazione a maggioranza assoluta o con adeguata motivazione.

È prevista inoltre una seduta congiunta tra il Consiglio delle autonomie locali e il Consiglio regionale, per discute rendi problemi di comune interesse sotto la direzione del Presidente dell’assemblea. È inoltre possibile richiedere pareri al Consiglio anche al di fuori dei casi in cui tale richiesta sia obbligatoria.

L’attribuzione delle funzioni propositivo-consultive ora viste esclude la capacità del Consiglio di emettere decisioni che ne facciano una “sede alternativa” rispetto a quelle ove si assumono decisioni relative all’indirizzo politico regionale o, comunque, di produrre atti rivestiti di efficacia giuridica vincolante, similmente a quanto avviene per la Conferenza Stato-Regioni e per la Conferenza Stato-città e autonomie locali.

Per quanto concerne la composizione dell’organo, il disposto costituzionale risulta essere estremamente sintetico, limitandosi a sancire che il tandem statuto-legge regionale dovrà assicurare la “rappresentanza territoriale” degli enti locali: non solo quelli previsti in Costituzione, ma anche altri, come le Comunità Montane, isolane e le Unioni di comuni, vista la genericità del disposto costituzionale post-revisione.

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