L’art. 2 dpr. 361/00 dispone che le modificazioni dello statuto dell’atto costitutivo sono approvate con le modalità previste per l’acquisto della personalità giuridica, salvo i casi di riconoscimento per atto legislativo. La normativa, confermando quanto disposto dal codice civile, stabilisce che, ove non diversamente disposto, la modifica sia approvata a maggioranza, in presenza di almeno tre quarti degli associati. Per le associazioni, il potere di modifica compete all’assemblea e non può essere delegato al presidente neanche attraverso una norma statutaria che disponga in tal senso.

Per le fondazioni, alla domanda è allegata la documentazione comprovante il rispetto delle disposizioni statutarie inerenti al procedimento di modifica. Prima dell’entrata in vigore del dpr. 361/00, la dottrina aveva affermato che, salvo i casi previsti dalla legge, l’atto costitutivo e lo statuto delle fondazioni non erano modificabili. Tale orientamento si fondava su due principi fondamentali:

1) in primo luogo si rilevava che nelle fondazioni, a differenza che nelle associazioni, non è previsto un organo collegiale con funzione deliberante, essendo prevalente la volontà del fondatore. Nella pratica tuttavia è possibile ravvisare anche nelle fondazioni l’esistenza di un organo assembleare, i cui poteri (così come i quorum costitutivi e deliberativi) sono previsti nell’atto costitutivo e nello statuto. Tuttavia parlare di una vera e propria assemblea che abbia potere di modificare lo scopo della fondazione non è compatibile con i principi di definitività e stabilità che caratterizzano la fondazione stessa.

2) si è aggiunto poi che, destinato il patrimonio ad uno scopo, il negozio di rifondazione non è più nella disponibilità del fondatore; pertanto le uniche modifiche che interessano la fondazione sono quelle previste dal legislatore agli artt. 25 cc (scioglimento dell’amministrazione e nomina di un commissario straordinario), 26 e 28 (in tema di unificazione trasformazione delle fondazioni).

A seguito del dpr 361/00, che ha abrogato l’ultimo comma dell’art. 16 cc, si è giunti alla conclusione che anche nelle fondazioni sono possibili modificazioni che attengono alla struttura dell’ente, che non incidano comunque sullo scopo, ma che siano preordinate alla realizzazione dello stesso. Questa tesi fa sorgere dubbi su quale sia l’organo competente per procedere alle modifiche, visto che tale disponibilità non appartiene più al fondatore (pertanto sarebbe nulla la clausola dell’atto costitutivo o dello statuto con cui il fondatore si sia riservato tale facoltà). Senza dubbio la competenza potrà spettare anche ad un organo collegiale, se espressamente previsto dallo statuto, ma la sua attività non potrà incidere sui caratteri fondamentali della fondazione né stravolgere lo scopo della stessa. Anche degli amministratori della fondazione è precluso deliberare sulla trasformazione, estinzione o devoluzione del patrimonio dell’ente, in difformità dello scopo e delle regole contenute nell’ atto costitutivo e nello statuto.

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