L’art. 1 del dpr. 361/00 dispone che “salvo quanto previsto dagli artt. 7 e 9, le associazioni e le fondazioni e le altre istituzioni di carattere privato acquistano la personalità giuridica mediante il riconoscimento determinato dall’iscrizione nel registro delle persone giuridiche, istituito presso le prefetture”. Il terzo comma precisa che, ai fini del riconoscimento, è necessario che siano soddisfatte le condizioni previste da norme di legge o regolamenti per la costituzione dell’ente, che lo scopo sia possibile e illecito, e che il patrimonio risulti adeguato alla realizzazione dello scopo. Si è passati dunque da un sistema concessorio a un sistema normativo di attribuzione della personalità giuridica: nel primo l’amministrazione costituiva ex novo in capo ad un soggetto uno status; nel secondo l’attribuzione della personalità viene conferita per volontà della legge a seguito di un controllo di tipo omologato ore da parte dell’amministrazione.
In questo modo si riduce fortemente la discrezionalità delle decisioni dell’autorità amministrativa, subordinate al mero accertamento della presenza dei requisiti di legge; inoltre si riducono i termini di conclusione del procedimento e la forma dell’atto di riconoscimento non sarà più quella del decreto ma quella dell’iscrizione costitutiva nel registro delle persone giuridiche, seguita da un accertamento istruttorio da parte dell’amministrazione.
L’ autorità competente, infatti, deve effettuare una valutazione sarà portata esclusivamente alla liceità e possibilità dello scopo e all’adeguatezza della consistenza patrimoniale; pertanto è escluso ogni riferimento all’utilità sociale dello scopo, elemento su cui si basava precedentemente sistema di controllo. Nonostante non è possibile giungere alla conclusione che il sistema normativo sia stato attuato pienamente, poiché continua a permanere un controllo di merito, seppure limitato, da parte dell’amministrazione, comunque il nuovo sistema di riconoscimento segna la fine di una tradizionale resistenza e ostilità dello Stato verso gli enti intermedi. E infatti il sistema di riconoscimento concessorio , oltre ad essere ampiamente discrezionale, si traduceva spesso in rigidi controlli e valutazioni, ed era rigorosamente subordinato a specifiche autorizzazioni.
Ai fini del riconoscimento, i requisiti richiesti sono: a) divieto di distribuzione degli utili; b) possibilità e liceità dello scopo; c) congruità del patrimonio. Il riferimento alla possibilità e liceità dello scopo sarebbe addirittura pleonastico, in quanto ripetizione di ciò che l’articolo 1418 CC prevede in materia di cause di nullità del contratto. La domanda per il riconoscimento della persona giuridica, sottoscritta dal fondatore o dai rappresentanti dell’ente, è presentata alla prefettura nella cui provincia è stabilita la sede dell’ente. Alla domanda i richiedenti alleviano copia autentica dell’atto costitutivo e dello statuto, nonché la documentazione idonea a dimostrare la sussistenza dei requisiti richiesti dalla legge. Il prefetto provvede all’iscrizione entro 120 giorni dalla data di presentazione della domanda. Per le fondazioni istituite per testamento, il riconoscimento può essere concesso d’ufficio dal prefetto in caso di ingiustificata inerzia del soggetto abilitato alla presentazione della domanda.
Anche se la norma non lo specifica, da un esame comparativo con la disciplina precedente degli artt. 12 e 33 cc che prevedevano esplicitamente il decreto di riconoscimento, si ritiene che il legislatore abbia compreso il provvedimento di riconoscimento in quello stesso atto con cui si dispone l’iscrizione nel registro. Nell’ipotesi in cui il prefetto lasci decorrere il termine di 120 giorni, la dottrina attribuisce all’inerzia della pubblica amministrazione natura di silenzio rifiuto e non di silenzio assenso, come previsto nel progetto iniziale del regolamento.
Ciò comporta per l’ente interessato l’onere di notificare all’amministrazione inadempiente una diffida, decorsi 30 giorni dalla quale si potrà impugnare il silenzio rifiuto davanti al giudice amministrativo.[di recente la legge 15/05 ha eliminato l’obbligo della diffida a provvedere, per cui,1 volta scaduto il termine per la conclusione del procedimento ed entrò un anno da tale scadenza, l’interessato può proporre ricorso contro il silenzio dell’amministrazione, impugnando direttamente tale silenzio poiché decisorio.]. Il decreto consente alla prefettura di sollevare ragioni ostative all’iscrizione, con l’onere di darne comunicazione motivata e i richiedenti entro 120 giorni dalla presentazione della domanda, e questi ultimi hanno a disposizione 30 giorni per presentare memorie e documenti. Se nell’ulteriore termine di 30 giorni il prefetto non provveda comunque all’iscrizione, questa s’intende definitivamente negata.
Una novità importante che caratterizza l’attuale riconoscimento dell’ente, riguarda il venir meno del parere del Consiglio di Stato, obbligatorio fino alla l. 127/97.