Il procedimento si colloca naturalmente nella dimensione temporale, ne segue che al legislatore è dato instaurare relazioni cronologiche tra i singoli atti.

I termini processuali sono classificabili in diversi modi. I termini dilatori sono quelli che fanno sì che un atto non possa compiersi prima che il relativo termine sia decorso, sicchè generano un effetto inibitorio dell’attività dei soggetti del procedimento; i termini acceleratori invece stimolano l’evolversi del procedimento o di situazioni ad esso collegate e perseguono lo scopo esattamente opposto a quelli precedenti.

Spesso capita che uno stesso termine assuma un’efficacia diversa in funzione dell’attività dei soggetti del procedimento cui si riferisce. I termini acceleratori si distinguono a loro volta in due classi: sono detti ordinatori quelli le cui conseguenze sono prive di rilevanza processuale, salvi restando eventuali riflessi disciplinari; sono invece detti perentori i termini la cui scadenza comporta la perdita del potere di compiere l’atto al quale ineriscono oppure la cessazione degli effetti del medesimo: di regola comportano la sanzione della decadenza.

Talora i termini sono stabiliti in relazione a determinati accadimenti, più spesso ad unità di tempo. L’elenco delle unità sulle quali si effettua, secondo il calendario comune il computo è formato da ore, giorni, mesi ed anni. La scadenza del termine in un giorno festivo comporta una proroga ex lege al giorno successivo. La regola secondo cui, nel computare i termini stabiliti ad ore o a giorni, non si ha riguardo alla frazione di ora o di giorno immediatamente successiva all’avvenimento considerato, mentre si deve conteggiare l’ultima ora o l’ultimo giorno designato, è derogabile.

Se però è stabilito solo il momento finale, le unità di tempo si computano intere e libere: non si tiene conto né del dies a quo né del dies ad quem. Il termine perentorio per fare dichiarazioni, depositare documenti o compiere altri atti in ufficio giudiziario si considera scaduto nel momento in cui, secondo gli appositi regolamenti, conformemente alle determinazioni dei capi degli uffici, l’ufficio medesimo viene chiuso al pubblico, a prescindere dall’orario di servizio del personale addetto. La norma concerne solo gli atti da compiere personalmente e non quelli che possono essere trasmessi a mezzo di raccomandata o telegramma.

Data l’entità delle conseguenze ricollegate all’inosservanza di un termine stabilito a pena di decadenza, l’art. 173 comma 1 introduce il principio di tassatività della previsione legislativa. Tuttavia, al di là della terminologia adottata, sono da ricondurre alla decadenza le fattispecie caratterizzate da identico trattamento.

Talora il legislatore collega alla decadenza l’inammissibilità dell’atto realizzato a termine scaduto, talaltra pone a pena dell’inammissibilità atto l’inosservanza dei termini.

Secondo la dottrina maggioritaria, tra la previsione a pena di decadenza e quella a pena di inammissibilità non corre differenza circa la loro natura, trattandosi di due aspetti dello stesso fenomeno, con la sola variante del punto di vista prescelto per la costruzione della fattispecie: nel primo caso si guarda alla vicenda estintiva del potere, nel secondo all’invalidità dell’atto pur tuttavia compiuto.

I termini stabiliti a pena di decadenza sono improrogabili, a meno di espresse previsioni legislative in senso diverso. Vanno menzionate la proroga dei termini delle indagini preliminari e la proroga dei termini di custodia cautelare.

Istituto tradizionale è l’abbreviazione del termine, chiesta o consentita dalla parte a favore della quale esso è stabilito, mediante dichiarazione ricevuta nella cancelleria o nella segreteria dell’autorità procedente.

Diverso dalla proroga è il prolungamento dei termini di comparizioni di cui all’art. 174. La prima presuppone la pendenza di un termine già in corso, posticipandone la relativa scadenza, mentre il secondo scatta fin dal momento della fissazione del termine dilatorio ordinario, indipendentemente dalla circostanza che quest’ultimo sia o no prorogabile.

L’istituto della sospensione dei termini, non è preso in considerazione del titolo VI benché se ne rinvengano significative applicazioni nel tessuto codicistico.

Portata generale assume la sospensione dei termini processuali in materia penale nel periodo feriale; l’istituto si estende anche al procedimento di esecuzione e a quello di sorveglianza. Non tocca invece l’attività del giudice.

La sospensione dei termini procedurali non opera nei procedimenti relativi ad imputati in stato di custodia cautelare, qualora essi o i loro difensori rinuncino espressamente ad avvalersene. In ogni caso la sospensione dei termini di durata delle indagini preliminari non scatta nei procedimenti di criminalità organizzata.

Se si tratti di procedimenti per reati la cui prescrizione maturi durante la sospensione feriale o nei successivi 45 giorni, ovvero se durante il medesimo periodo scadono o sono prossimi a scadere i termini della custodia cautelare, il giudice che procede, anche d’ufficio, pronuncia ordinanza inoppugnabile, ma revocabile con cui è specificamente motivata e dichiarata l’urgenza del processo. In tali casi, i termini decorrono, anche nel periodo feriale, dalla data di notificazione dell’ordinanza. La sospensione dei termini non opera nei confronti delle ipotesi previste dall’art. 467, ossia di atti non rinviabili a dibattimento. Se nel corso del dibattimento (sospeso) si manifesta necessità di assumere prove nel periodo feriale, il presidente procede a norma dell’art. 467. Nel caso in cui la prova non fosse già stata ammessa, il giudice vi provvede nella prima udienza successiva e le prove dichiarate inammissibili non possono essere utilizzate.

Nel corso delle indagini preliminari, allorché occorra procedere con la massima urgenza nel periodo feriale al compimento di atti per i quali operi la sospensione dei termini in discorso, il giudice per le indagini preliminari, su richiesta del pm, della persona sottoposta alle indagini o del suo difensore, pronuncia ordinanza nella quale sono specificamente enunciate le ragioni dell’urgenza e la natura degli atti da compiere. Allo stesso modo provvede il pm, con decreto motivato, tutte le volte in cui deve procedere al compimento di accertamenti tecnici non ripetibili.

 

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