Le «attribuzioni» del tribunale

Una volta appurato che in relazione a un certo reato deve giudicare il tribunale, occorre stabilire se sia richiesta la composizione monocratica ovvero quella collegiale. Questo criterio di ripartizione è basato non sul concetto di competenza, ma su quello di attribuzione. In seguito alla soppressione dell’ufficio del pretore e alla possibilità del tribunale di funzionare anche in composizione monocratica, ha fatto seguito una decisa valorizzazione di questa sua dimensione, eletta a regola.

Il concetto di attribuzione va anche rapportato alla nuova articolazione degli uffici giudiziari sul territorio.

Attualmente sono devoluti al tribunale collegiale i delitti puniti con la reclusione superiore nel massimo a 10 anni, anche nell’ipotesi del tentativo. Il limite quantitativo va coordinato con quello qualitativo: risultano sottratti al tribunale in composizione collegiale taluni delitti puniti con la reclusione superiore a 10 anni e per altro verso gli vengono attribuiti reati che in base al criterio quantitativo dovrebbero essere giudicati dal tribunale in composizione monocratica. In caso di connessione l’attribuzione è del tribunale in composizione collegiale.

La disciplina della riunione e della separazione dei processi

Riunione e separazione sono istituti che operano a partire dal momento in cui il procedimento si è evoluto in processo. La riunione produce come risultato la trattazione congiunta di processi in precedenza pendenti davanti a diversi giudici, sezioni dello stesso ufficio giudiziario, preventivamente individuato in base ai normali criteri di competenza. La riunione scongiura il rischio di conflitto teorico di giudicati. Non sempre è consentita la riunione dei processi, e l’art. 17 comma 1 ne detta i presupposti:

a) pendenza davanti al medesimo ufficio giudiziario dei processi da riunire;

b) uno sviluppo omogeneo di questi ultimi, che devono trovarsi nel medesimo stato e grado;

c) una prognosi negativa riguardo un possibile ritardo nella definizione delle singole vicende processuali;

d) la sussistenza di uno dei casi tassativamente indicati dalla legge.

In definitiva, secondo la normativa vigente, la riunione può essere disposta quando i processi pendenti siano connessi ai sensi dell’art. 12 nonché quando siano relativi ai reati dei quali taluni siano stati commessi in occasione di altri o per conseguirne o assicurarne al colpevole o ad altri il profitto, il prezzo, il prodotto o l’impunità, o che sono stati commessi da più persone in danno reciproco le une delle altre, ovvero se la prova di un reato o di una sua circostanza influisce sulla prova di un altro reato o di un’altra circostanza.

L’art. 18 prende invece in considerazione la separazione elencando una serie di ipotesi in cui essa deve essere disposta. Le ipotesi sono accomunate dal fatto che per taluni imputati o talune imputazioni si versa in una situazione di attesa, mentre per gli altri imputati o per le altre imputazioni è possibile l’immediata trattazione. La separazione è esclusa quando il giudice ritenga che la riunione sia assolutamente necessaria per l’accertamento dei fatti. La separazione può anche essere disposta sulla base di un accordo tra le parti, sempre che il giudice la reputi utile sotto il profilo della speditezza.

Per i provvedimenti in tema di riunione e separazione è prevista la forma dell’ordinanza, che può essere emessa anche d’ufficio.

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