Gli articoli 143-147 del c.p.p. si occupano della traduzione degli atti processuali. L’articolo 143 al comma 1 dispone che:“L’imputato, che non conosce la lingua italiana, ha diritto a farsi assistere gratuitamente (quindi a carico dello Stato) da un interprete al fine di comprendere l’accusa mossa contro di lui e seguire il compimento degli atti a cui partecipa”.

L’imputato che non conosce la lingua italiana ha diritto all’assistenza gratuita di un interprete anche per le comunicazioni con il difensore prima di rendere l’interrogatorio, ovvero al fine di presentare una richiesta o una memoria nel corso del procedimento.

Il nuovo art. 104, co. 4 bis ribadisce che l’indagato-imputato in stato di custodia cautelare, l’arrestato o il fermato, che non conoscono la lingua italiana, hanno diritto all’assistenza gratuita di un interprete per conferire con il difensore in vista proprio dell’interrogatorio.

Ai sensi dell’articolo 143 comma 2, l’assistenza dell’interprete è inoltre richiesta: “quando occorre tradurre uno scritto in lingua straniera o in un dialetto poco comprensibile ovvero quanto una persona che vuole fare una dichiarazione non conosce la lingua”.

 

 

Infine il 3° comma dell’articolo 143 dispone che: “alla nomina dell’interprete si deve procedere anche se il giudice, il P.M. o l’ufficiale di polizia giudiziaria, conosce la lingua o il dialetto da interpretare”.

Tale norma attribuisce al giudice la possibilità, anche su richiesta di parte e con atto motivato impugnabile unitamente alla sentenza, di tradurre gratuitamente altri atti o anche solo di parte di essi, ritenuti essenziali per consentire all’imputato di conoscere l’accusa a suo carico.

Sebbene la norma faccia riferimento al giudice si debba ritenere che tale istanza possa essere depositata già nelle fasi delle indagini preliminari in sede di applicazione di una misura cautelare o di incidente probatorio dall’indagato alloglotta al giudice per le indagini preliminari.

L’accertamento della conoscenza della lingua italiana è compiuto dall’autorità giudiziaria.

Ai sensi dell’art. 143 co. 5 alla nomina dell’interprete si deve procedere anche quando il giudice, il pm e l’ufficiale di polizia giudiziaria abbiano una personale conoscenza della lingua o del dialetto da interpretare.

 

 

L’interprete ha l’obbligo di prestare l’ufficio potendo nei suoi confronti essere disposto l’accompagnamento coattivo ed essere comminata la condanna al pagamento delle sanzioni pecuniarie.

Si contempla il diritto alla nomina di un interprete e alla traduzione anche per la persona offesa che non conosce la lingua italiana, anche ai sensi dell’art. 143, co. 1 e 4.

L’articolo 144 dispone che non può svolgere l’attività d’interprete il soggetto incapace (in quanto ad es. minore, interdetto, inabilitato ecc.) ovvero colui che presenta ragioni di incompatibilità (ad es. perché svolge la funzione di perito o di testimone nello stesso processo). L’assunzione dell’interprete incapace o incompatibile è nulla, inoltre la sua assunzione può essere ricusata dalle parti, sulla ricusazione deciderà il giudice con ordinanza inoppugnabile. La stessa regola vale per l’astensione compiuta dall’interprete.

L’interprete incapace o incompatibile può essere ricusato dalle parti private e anche dal pm, ai sensi dell’art. 145, co. 1.

In ogni caso quando esiste un motivo di ricusazione, anche se non proposto, l’interprete ha l’obbligo di dichiararlo ai sensi dell’art. 145, co. 2.

Sulla dichiarazione di ricusazione o di astensione, che possono essere presentate fino a che non siano esaurite le formalità di conferimento dell’incarico e, in caso di soppravvenuti motivi o conosciuti dopo, prima dell’espletamento dell’incarico, spetta al giudice decidere con ordinanza inoppugnabile.

Con il provvedimento di nomina dell’interprete o traduttore è disposta la notificazione del decreto di citazione che nei casi urgenti può avvenire anche oralmente per mezzo dell’ufficiale giudiziario o della polizia giudiziaria.

L’autorità giudiziaria ne accerta l’identità, verifica le situazioni di incapacità e di incompatibilità, lo ammonisce in ordine all’obbligo di adempiere bene e fedelmente all’incarico, lo invita a prestare l’ufficio. Quando l’interprete o il traduttore risiede nella circoscrizione di altro Tribunale, l’autorità procedente può richiedere il compimento dell’attività al gip del luogo.

Se l’incarico riguarda traduzioni complesse, l’autorità proroga per una sola volta il termine fissato: il mancato rispetto del termine può comportare la sostituzione dell’interprete che può essere condannato al pagamento di una somma a favore della cassa delle ammende.