La competenza funzionale viene identificata in base ai diversi compiti che devono essere compiuti dai giudice dagli altri soggetti del procedimento nelle varie fasi del giudizio (non è disciplinata dal c.p.p.). sui distinti interventi giurisdizionali nella fase delle indagini preliminari, nell’udienza preliminare, in dibattimento, nei giudizi di impugnazione, si radica la competenza funzionale.

Per fare un esempio la competenza a fare una richiesta sulla pena da applicare all’imputato, deve necessariamente provenire dal pubblico ministero. Se tale richiesta proviene da un altro soggetto (ad esempio dal giudice), essa deve considerarsi affetta da nullità assoluta e insanabile, rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento.

 

Il difetto di giurisdizione, di competenza e i relativi conflitti

Il difetto di giurisdizione (art 20 c.p.p.) può verificarsi in tre diverse ipotesi: quando il giudice penale esercita poteri che non spettano al potere giudiziario (ad es. adotta una legge): in tal caso l’articolo 606 del c.p.p. prevede la possibilità di ricorrere alla Corte di Cassazione; quando il giudice ordinario giudica una materia rientrante nella giurisdizione di un giudice speciale o viceversa.

In questo caso, ai sensi dell’articolo 20 del c.p.p., il difetto di giurisdizione potrà essere rilevato in ogni stato e grado del giudizio; quando un giudice extrapenale (ad es. giudice civile o amministrativo) giudica in una materia riservata al giudice penale: in questo caso la Corte di Cassazione, con una sentenza adottata a sezioni unite nel 1999, ha qualificato il provvedimento adottato da un giudice privo del potere di decidere in una determinata materia, giuridicamente inesistente.

Il difetto di competenza sussiste nel momento in cui vengono violate le regole (competenza per materia, per territorio, per connessione, funzionale) che ripartiscono la competenza fra i diversi giudici penali ordinari. E’ possibile distinguere diverse ipotesi d’incompetenza, di cui si occupano gli articoli 21 e ss. del c.p.p..

L’incompetenza per materia sussiste quando il processo viene celebrato da un giudice diverso rispetto a quello che, in base a quanto indicato dalla legge, è competente per quella materia (si pensi ad es. alla competenza per materia del tribunale in materia di reati di associazione mafiosa. In tal caso se il processo viene instaurato dinanzi alla Corte d’assise, si avrà una tipica ipotesi di incompetenza per materia).

E’ possibile distinguere due tipologie di incompetenza per materia: l’incompetenza per difetto che si ha quando la causa viene promossa \ dinanzi a un giudice inferiore rispetto a quello competente (ad es. dinanzi al tribunale per le cause di competenza della Corte d’assise). In questo caso l’incompetenza è sempre rilevabile, anche d’ufficio, in ogni stato e grado del giudizio.

L’incompetenza per eccesso si ha quando la causa viene promossa dinanzi a un giudice superiore rispetto a quello competente: si tratta di un vizio meno grave, dal momento che il giudizio spetta a un organo superiore, per questo l’incompetenza potrà essere rilevata fino all’apertura del dibattimento di primo grado (ai sensi dell’articolo 491 1° comma del c.p.p.); in caso contrario la questione rimane preclusa.

Una particolare disciplina è prevista nella ripartizione interna al Tribunale della competenza (o meglio dell’attribuzione) fra giudice monocratico e giudice collegiale. In questo caso sia alla violazione per eccesso (che si ha quando la causa è stata proposta dinanzi al giudice collegiale nonostante la competenza del giudice monocratico) sia alla violazione per difetto (che si ha nel caso opposto a quello appena esaminato) si applica la regola per cui l’incompetenza deve essere dedotta o rilevata d’ufficio nel corso dell’udienza preliminare (o in mancanza in sede di questioni preliminari) dopo di che diviene preclusa.

L’incompetenza per territorio può essere dedotta dalle parti e rilevata d’ufficio, fino alla chiusura della discussione dell’udienza preliminare (o in mancanza nel corso delle questioni preliminari). Se una parte ha dedotto l’incompetenza nel corso dell’udienza preliminare e il giudice non si è pronunciato, egli deve riproporre la questione, a pena di decadenza, all’apertura del dibattimento.

L’incompetenza per connessione ricorre quando vengono violati gli articoli 15 e 16 del La legge stabilisce che l’incompetenza per connessione deve essere rilevata entro gli stessi termini previsti per l’incompetenza per territorio.

Una disciplina condivisibile quando l’incompetenza per connessione comporta una violazione delle regole sulla competenza territoriale; non è invece accettabile l’applicazione di questa disciplina (secondo la dottrina) quando l’incompetenza funzionale porta a un’incompetenza per materia in difetto (in questo caso sarebbe più corretto applicare la relativa disciplina, permettendo di rilevare l’incompetenza in ogni stato e grado del giudizio e non solo fino alla chiusura dell’udienza preliminare).

Guardando adesso alle modalità con cui il giudice andrà a dichiarare la sua incompetenza, bisogna distinguere diverse ipotesi. Se la questione relativa alla competenza viene posta nel corso della fase preliminare (art 22 c.p.p.): in questo caso il giudice, se si dichiara incompetente, lo farà per mezzo di un’apposita ordinanza con cui restituirà gli atti al Pubblico Ministero.

Questa disciplina trova giustificazione nel fatto che il giudice, in questa fase, assume la veste di giudice ad acta (dato che il suo scopo è quello di adottare misure cautelari, di garantire l’assunzione di determinate prove, di realizzare l’eventuale archiviazione ecc.).

Se la questione sulla competenza viene proposta successivamente all’esercizio dell’azione penale (art 23 c.p.p.): il giudice andrà a dichiarare la propria incompetenza con sentenza, anche in questo caso rimettendo gli atti al pubblico ministero.

Se la questione relativa alla competenza viene proposta dinanzi al giudice competente per l’appello (art 24 c.p.p.), bisogna distinguere diverse ipotesi: se la questione riguarda un’ipotesi di incompetenza per materia in difetto, incompetenza per territorio o per connessione: il giudice d’appello andrà ad annullare la decisione impugnata, restituendo gli atti al pubblico ministero affinché riinizi il processo di primo grado. Se, invece, la questione riguarda un’ipotesi di incompetenza per materia in eccesso: il giudice d’appello decide il merito della questione senza annullare la sentenza impugnata.

Se la questione sulla competenza viene proposta dinanzi alla Corte di Cassazione (art 25 c.p.p.). Essa deciderà in modo vincolate per il processo in corso (la stessa regola vale anche per la giurisdizione).

Per quanto riguarda gli effetti che vengono prodotti dalla declaratoria di incompetenza, di essi si occupano gli articoli 26 e 27 del c.p.p.: le prove già acquisite rimangono efficaci ma gli atti ripetibili compiuti dal giudice incompetente per materia sono utilizzabili solamente nel corso dell’udienza preliminare.

Questo limite non trova applicazione nel caso di contrasti relativi alla ripartizione di competenza interna al tribunale fra giudice monocratico e giudice collegiale: in questo caso gli atti adottati dal giudice incompetente potranno essere utilizzati nel corso di tutto il procedimento che si svolgerà dinanzi al giudice competente.

Le misure cautelati adottate dal giudice incompetente rimangono provvisoriamente valide, per i 20 giorni successivi alla trasmissione degli atti al giudice competente, il quale, entro tale termine, deve provvedere all’adozione di un nuovo provvedimento cautelare. La stessa regola vale nel caso in cui si dichiari incompetente il giudice dell’impugnazione cautelare.

Fino adesso è stata presa in considerazione l’ipotesi che il difetto di competenza o di giurisdizione venisse dedotto dalle parti. L’ordinamento prende in considerazione anche un’altra ipotesi: che le questioni di competenza o di giurisdizione diano luogo a conflitti, sorti in qualsiasi stato o grado del processo, fra due o più giudici che prendono contemporaneamente cognizione del medesimo fatto (articoli 28 e ss. del c.p.p.).

Il conflitto può essere di due tipi: un conflitto positivo ossia due o più giudici ritengono di essere entrambi competenti o di disporre della giurisdizione su una determinata questione, o un conflitto negativo nel caso in cui due o più giudici ritengono entrambi di non essere competenti o di non disporre della giurisdizione su una determinata questione.

La disciplina dei conflitti si applica anche ai casi analoghi q quelli appena evidenziati, ma non riguarda I rapporti fra il giudice dell’udienza preliminare e il giudice del dibattimento, visto che in base all’art. 28, co. 2, prevale sempre la decisione del giudice del dibattimento purchè si risolva in provvedimenti previsti e consentiti dall’ordinamento. In caso contrario il conflitto rimarrebbe possibile.

Nel corso delle indagini preliminari non sono ammessi conflitti positivi fondati sulla competenza per territorio derivante da connessione.

Il conflitto potrà essere rilevato, ai sensi dell’articolo 30 del c.p.p.: da uno dei giudici mediante ordinanza con la quale vengono trasmessi alla Corte di Cassazione gli atti necessari alla sua risoluzione o dalle parti (non solo dalla parti private ma anche dal pubblico ministero) con una denuncia che deve essere depositata presso la cancelleria di uno dei giudici in conflitto. Né l’ordinanza né la denuncia hanno effetto sospensivo sui processi in corso.

La Corte di Cassazione, ai sensi dell’articolo 32 del c.p.p., decide in camera di consiglio con senza vincolante con cui stabilisce chi sia il giudice competente o che dispone della giurisdizione sul caso sottoposto alla sua attenzione. Per le prove e le misure cautelari si applica la stessa disciplina esaminata sopra (e regolamentata dagli articolo 26 e 27 del c.p.p.).

I conflitti possono risolversi anche spontaneamente quando uno dei giudici coinvolti si dichiari competente od incompetente, a seconda dei casi.

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