Il giudice, quando ritiene di non poter decidere allo stato degli atti perché le indagini sono incomplete, pronuncia un’ordinanza con la quale indica al pubblico ministero le ulteriori indagini fissando il termine per il loro compimento e la data della nuova udienza preliminare (art. 421 bis). Tale disposizione, tutelando il principio di completezza delle indagini preliminari, risulta essere contemporaneamente:

  • favorevole all’accusa, dal momento che si concede al pubblico ministero un’ultima occasione per rafforzare una richiesta di rinvio a giudizio priva di fondamento;
  • favorevole alla difesa, dal momento che si richiede un’integrazione anche nell’ipotesi in cui il giudice rilevi lacune investigative in relazione ad elementi favorevoli all’imputo.

 Circa i poteri direttivi del giudice, alla luce del principio di separazione delle funzioni, si ritiene che questo debba indicare al pubblico ministero i temi di prova da sondare, ferma restando la possibilità di specificare anche singoli atti di indagine qualora nel corso dell’udienza preliminare essi si siano configurati come necessari e utili.

 Una volta che il pubblico ministero abbia provveduto all’adempimento, si tiene una nuova udienza che ha come oggetto di discussione i risultati delle indagini. All’esito di tale udienza il giudice può:

  • decidere allo stato degli atti il rinvio a giudizio o il non luogo a procedere (art. 421 co. 4);
  • emettere una nuova ordinanza per l’integrazione delle indagini (art. 421 bis);
  • disporre la cosiddetta integrazione probatoria (art. 422).

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