Fonti internazionali del diritto di procedura penale.

Anche sul piano del processo penale la fonte internazionale svolge un ruolo di primaria importanza:

  • la legge delega vincola il governo ad adeguarsi alle norme delle Convenzioni internazionali;
  • il codice di procedura penale sancisce la prevalenza delle Convenzioni e del diritto internazionale generale (art. 696).

La questione del rapporto tra diritto internazionale e diritto interno in materia di processo penale deve essere affrontata partendo da due articoli fondamentali della Costituzione:

  • l’art. 10 che, attraverso il c.d. trasformatore permanente, permette al nostro diritto interno di recepire direttamente tutto il diritto internazionale di fonte consuetudinaria, imponendo al nostro ordinamento di conformarvisi.
  • l’art. 11, che si occupa dell’altra grande branca del diritto internazionale, ossia quella di origine pattizia. In tale ottica, oltre alle NU, deve essere inserita anche la Unione europea (CE), i cui regolamenti e direttive dettagliate, proprio in forza di tale articolo, riescono ad imporsi immediatamente sul diritto interno.

Nel terzo pilastro (GAI), in particolare, la CE agisce non attraverso atti ordinari, ma attraverso le c.d. decisioni quadro, alle quali la Corte di Giustizia europea ha riconosciuto la stessa efficacia delle direttive dettagliate.

 La dottrina maggioritaria, ritiene che le norme internazionali pattizie (c.d. norme interposte) debbano essere considerate di rango inferiore rispetto a quelle costituzionali, ma superiore rispetto a quelle ordinarie, cosa questa che comporta due conseguenze:

  • il giudice deve interpretare le norme interne alle luce del diritto internazionale, per quanto questo sia possibile;
  • il giudice, di fronte all’impossibilità di trovare un momento interpretativo accettabile, è tenuto a rimettere la questione di legittimità alla Corte costituzionale, la quale, dopo aver valutato la legittimità costituzionale del Trattato che contrasta con la norma interna, deve valutare l’entità di tale contrasto ed eventualmente fare declaratoria di illegittimità.

 Convenzione europea dei diritti dell’uomo.

La Convenzione europea dei diritti dell’uomo è un documento piuttosto particolare se confrontato con il restante diritto internazionale pattizio. Essa, infatti, non si limita ad imporre degli obblighi agli Stati, ma si preoccupa di costituire direttamente in capo alle persone fisiche i fondamentali diritti umani che essa prevede, elaborando un meccanismo teso a dare effettività a tale costituzione. Tale meccanismo, in particolare, fa leva sulla Corte europea per i diritti dell’uomo (CEDU), tenuta ad interpretare ed applicare le norme della Convenzione.

L’ordinamento giurisdizionale italiano deve comportarsi con tale Convenzione così come si comporta con il restante diritto internazionale, fermo restando, comunque, che l’intero lavoro ermeneutico deve essere fatto sulla base dell’interpretazione che la giurisprudenza della CEDU dà della Convenzione stessa.

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