Alla fase del giudizio si applica la stessa disciplina stabilita per il processo penale ordinario davanti al giudice monocratico con l’introduzione di alcune deroghe per ridurre le formalità processuali e per adeguare i contenuti della procedura ordinaria alle caratteristiche dei reati devoluti al giudice di pace. Sono difatti previste specifiche modalità di definizione anticipata ed alternativa del procedimento penale, come: conciliazione, domanda di oblazione, dichiarazione di improcedibilità per tenuità del fatto e dichiarazione di estinzione del reato conseguente condotte riparatorie.

I reati perseguibili solo a seguito di querela della persona offesa sono caratterizzati dal tentativo di conciliazione tra le parti private, ai fini della risoluzione di conflitti individuali di lieve entità. Fin dalla prima udienza il giudice di pace ha difatti il dovere di promuovere una composizione bonaria del conflitto fra l’imputato e la persona offesa dal reato. L’intervento del giudice di pace è finalizzato alla remissione della querela, che deve essere attestata nel verbale di conciliazione.

Se il reato ha natura di contravvenzione, l’imputato ha facoltà di presentare domanda di oblazione, il cui accoglimento consente al richiedente di ottenere l’estinzione del reato commesso in cambio del pagamento volontario di una somma di denaro corrispondente alla metà o alla terza parte del massimo della pena pecuniaria stabilita dalla legge, oltre le spese del procedimento.

La scarsa offensività del reato costituisce causa di esclusione della procedibilità e consente al giudice di pace di porre termine al procedimento penale indipendentemente dall’accertamento della responsabilità. Durante il giudizio, l’improcedibilità per tenuità del fatto può essere dichiarata con sentenza solo se non vi è opposizione dell’imputato o della persona offesa. La causa di improcedibilità può essere pronunciata dal giudice di pace anche nel corso delle indagini con decreto di archiviazione, ma in tal caso è sufficiente che non risulti agli atti l’interesse della persona offesa alla prosecuzione del procedimento.

Il fatto è da considerarsi di particolare tenuità quando, rispetto all’interesse tutelato, il danno o il pericolo che ne è derivato risulta esiguo oppure qualora la sua occasionalità e il grado della colpevolezza non giustifichino un esercizio dell’azione penale, tenuto conto del pregiudizio che il procedimento può arrecare alla persona sottoposta ad indagini o all’imputato.

Il giudice di pace ha facoltà di dichiarare con sentenza l’estinzione del reato quando l’imputato dimostra di aver proceduto alla riparazione del danno cagionato con il reato, mediante forme di restituzione o di risarcimento, oppure di aver eliminato le conseguenze dannose o pericolose dello stesso. Il giudice di pace provvede in tal senso solo se, dopo aver sentito le parti e l’eventuale persona offesa, ritiene che le attività risarcitorie e riparatorie eseguite dall’imputato siano idonee a soddisfare le esigenze di riprovazione del reato e quelle di prevenzione.

Il legislatore ha poi escluso l’applicazione di pena detentiva da parte del giudice di pace, il quale applica di regola la sola sanzione pecuniaria fino ad un importo non superiore a € 2582. Per i reati di maggiore gravità e nei casi di recidiva reiterata infraquinquennale sono previste specifiche sanzioni alternative alla detenzione, e in particolare:

  • obbligo di permanenza domiciliare per un periodo non inferiore a 6 giorni non è superiore a 45
  • lavoro di pubblica utilità, su espressa richiesta del condannato, per un periodo non inferiore a 10 giorni non è superiore a 6 mesi

Particolari disposizioni sono dettate per l’impugnazione delle sentenze in materia penale del giudice di pace, la cui competenza è affidata al tribunale del circondario ove ha sede l’ufficio giudiziario del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata.

Sono appellabili sia dall’imputato che dal pm le sentenze di condanna pronunciata dal giudice di pace che applicano una pena diversa da quella pecuniaria, mentre solo all’imputato è consentito proporre appello contro le sentenze di condanna che applicano una pena pecuniaria se impugna anche il capo relativo alla condanna al risarcimento del danno.

Il PM può ricorrere in cassazione contro tutte le sentenze pronunciate dal giudice di pace, mentre l’imputato può ricorrere solo contro le sentenze di condanna alla sola pena pecuniaria e contro le sentenze di proscioglimento. Si ritiene comunque che l’imputato possa proporre ricorso in cassazione anche contro le sentenze di condanna a pena diversa da quella pecuniaria.

Il giudice di pace esercita le sue funzioni in un ambito territoriale denominato mandamento, che coincide con i confini di uno o più comuni limitrofi. Attualmente sono attivi 845 uffici del giudice di pace con sede nei comuni capoluogo di mandamento.

Sotto il profilo organizzativo bisogna poi evidenziare la variabilità delle dimensioni dei singoli uffici, che comporta la necessaria variazione delle esigenze di coordinamento del lavoro giudiziario. Difatti, la legge ha stabilito che negli uffici composti da più di 6 giudici sia nominato un coordinatore che deve provvedere all’assegnazione degli affari e a determinare i giorni e le ore delle udienze.

Il CSM ha disposto che negli uffici di grandi dimensioni è possibile la nomina di due vice coordinatori, uno per il settore civile e uno per quello penale, ai quali assegnare compiti di collaborazione con il coordinatore nell’organizzazione del lavoro.

Le funzioni del giudice di pace sono esercitate esclusivamente da magistrati onorari scelti fra i soggetti dotati di specifiche qualità personali tassativamente previste dalla legge; pertanto, per la nomina, è necessario:

a)    essere cittadino italiano

b)    avere l’esercizio dei diritti civili e politici

c)    non avere riportato condanne per delitti non colposi o a pena detentiva per contravvenzione

d)    non essere sottoposto a misure di prevenzione o di sicurezza

e)    aver conseguito la laurea in giurisprudenza

f)     avere idoneità fisica e psichica

g)    avere un’età compresa fra 30 settant’anni

h)   avere cessato, o impegnarsi a cessare prima dell’assunzione delle funzioni, l’esercizio di qualsiasi attività lavorativa dipendente, pubblica o privata

i)     avere superato l’esame di abilitazione all’esercizio della professione forense: requisito non richiesto per coloro che hanno già esercitato funzioni giudiziarie, notarili, insegnamento di materie giuridiche nelle università e funzioni dirigenziali nelle cancellerie o segreterie giudiziarie

La nomina deve cadere su persone che siano capaci di assolvere degnamente, per indipendenza, equilibrio, prestigio acquisito e per esperienza giuridica e culturale, le funzioni di magistrato onorario.

Lascia un commento