La l. n. 85 del 2009, oltre a disciplinare la materia della perizia coattiva, prende in considerazione l’ipotesi in cui spetti al pubblico ministero porre in essere quegli accertamenti idonei ad incidere sulla libertà personale, introducendo l’art. 359 bis.

Così come fu per la perizia, anche in questo caso nulla questio con riferimento all’ipotesi in cui vi sia il consenso del soggetto interessato: il pubblico ministero, infatti, può liberamente procedere attraverso il suo consulente tecnico al prelievo di capelli, di peli o di mucosa dal cavo orale ai fini della determinazione del profilo del DNA. Nel caso in cui non vi sia il consenso dell’interessato, al contrario, il pubblico ministero deve fare richiesta al giudice per le indagini preliminari, il quale autorizza le operazioni di cui sopra se ricorrono le condizioni previste dall’art. 224 bis (art. 359 bis co. 1). Tale art. 224 bis, in particolare, si occupa di individuare i casi nei quali al soggetto interessato è imposto di soccombere nei confronti della esigenza di accertamento dei fatti (co. 1):

  • si deve trattare di un delitto non colposo, consumato o tentato;
  • deve essere prevista la pena dell’ergastolo o della reclusione di almeno tre anni;
  • la perizia deve essere assolutamente indispensabile per la prova dei fatti;
  • può essere effettato solamente il prelievo di capelli, di peli o di mucosa dal cavo orale, ai fini della determinazione del profilo del DNA o al fine di ulteriori accertamenti medici.

Proprio in quest’ultima parte il nuovo dell’art. 224 bis co. 1 non sembra soddisfare pienamente l’esigenza di tassatività richiesta dalla Corte costituzionale: la formula utilizzata, infatti, appare ancora piuttosto aperta. Questa soluzione si è tuttavia resa necessaria al fine di evitare che la norma diventasse in breve tempo obsoleta a causa del progresso della medicina. Quello che si perde in termini di determinazione dei casi, peraltro, si recupera con l’individuazione di alcuni limiti:

  • l’ordinanza del giudice deve essere motivata e deve contenere tutti i requisiti indicati (co. 2).
  • non possono essere disposte operazioni che contrastino con disposizioni di legge (co. 4);
  • non possono essere disposte operazioni che possano mettere in pericolo la vita, l’integrità fisica o la salute della persona o del nascituro, oppure che possano provocare sofferenza di non lieve entità (co. 4);
  • le operazioni devono essere eseguite nel rispetto della dignità e del pudore (co. 5);
  • a parità di risultato devono essere preferite le tecniche meno invasive (co. 5);

Il legislatore non ha dimenticato il fatto che tale disciplina debba essere calata nel contesto delle indagini preliminari, ove talvolta può succedere che determinate operazioni siano piuttosto urgenti. L’art. 359 bis co. 2, quindi, prevede una procedura di urgenza, che prescinde dal previo controllo giurisdizionale. Quando vi è fondato motivo di ritenere che dal ritardo possa derivare grave o irreparabile pregiudizio alle indagini, l’ordinanza può essere disposta dallo stesso pubblico ministero, fermi restando il suo solito contenuto tassativo e la richiesta di convalida al giudice entro quarantotto ore. L’ordinanza risulta comunque nulla se non vengono rispettate le norme in tema di:

  • funzionalità e durata dell’accompagnamento coattivo;
  • contenuto della ordinanza;
  • divieti relativi agli accertamenti.
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