Attraverso la tutela cautelare il legislatore mette a disposizione delle parti degli istituti al fine di evitare che il tempo di svolgimento del processo modifichi la situazione esistente al punto da rendere inutile la sentenza pronunciata. Esistono poi altri provvedimenti cautelari che non sono contenuti nel codice di procedura civile.

La tutela cautelare ha dei caratteri propri:
–          Uno è quello della strumentalità rispetto al processo di cognizione. Prima si manifestava attraverso il fatto che i provvedimenti cautelari erano condizionati nella loro efficacia dalla instaurazione del processo di cognizione e dalla permanenza di questo processo. Chi otteneva un provvedimento cautelare ante causa doveva, e deve tuttora per alcuni provvedimenti, instaurare il processo di cognizione a pena di inefficacia (è un onere). Una volta ottenuto un provvedimento cautelare in corso di causa o ante causa, se questa causa di merito si fosse estinta, il provvedimento cautelare perdeva efficacia (tuttora questa regola permane per alcuni provvedimenti cautelari);
–          Allo stesso tempo la tutela cautelare è caratterizzata da una sua autonomia nei presupposti (sono diversi da quelli del processo di cognizione):
Fumus boni iuris: è l’apparente esistenza del diritto sostanziale cautelando (quindi apparente fondatezza dell’azione di cognizione che si vuole esercitare);
Periculum in mora: è il pericolo che durante il tempo necessario per far valere il proprio diritto attraverso il processo di cognizione, questo sia pregiudicato da alcune circostanze.

Questi due presupposti devono esistere per tutti i provvedimenti cautelari, ma sono valutati in modo differente a seconda del tipo di provvedimento cautelare previsto (es. a volte, per quanto riguarda il fumus, si richiede un giudizio di probabilità, altre volte una mera possibilità);
–          La tutela cautelare si svolge attraverso atti diversi da quelli del processo di cognizione, sfocia in un provvedimento diverso dalla sentenza pronunciata al termine del processo di cognizione, e anche gli effetti sono diversi da quelli della sentenza;
–          Altro carattere dei provvedimenti cautelari è la loro provvisorietà, che in parte è una diretta conseguenza della strumentalità, ma che comunque permane anche nei casi di strumentalità attenuata;
–          I provvedimenti cautelari sono immediatamente efficaci (la sentenza è immediatamente efficace solo per quanto riguarda l’efficacia esecutiva della sentenza di condanna in primo grado). Hanno sempre un contenuto innovativo, nel senso che hanno efficacia esecutiva (producono effetti che prima non esistevano, producono un quid novi);
A seconda del periculum che mirano ad evitare è possibile una bipartizione dei provvedimenti cautelari:
–          Pericolo da infruttuosità della decisione: è la categoria dei provvedimenti cautelari conservativi, cioè mirano a conservare lo status quo (es. nel processo di cognizione viene proposta un’azione di condanna al pagamento di una somma di denaro. Nel corso del processo il debitore potrebbe disperdere i beni e pertanto la sentenza si rileverebbe inutile);
–          Pericolo da tardività della decisione: è la categoria dei provvedimenti cautelari anticipatori degli effetti della decisione di merito (es. un soggetto chiede la condanna al pagamento della propria retribuzione nei confronti del datore di lavoro. Se si deve attendere tutto il processo di cognizione, il pericolo è quello che non venga soddisfatto il diritto nel momento di maggior necessità).

Con la legge N. 353/’90 è stato introdotto un procedimento generale per i provvedimenti cautelari (art. 669 bis – quaterdecies c.p.c.): si parla di procedimento generale uniforme (vale per tutti i provvedimenti cautelari, salvo che vi siano norme specifiche che derogano questa disciplina).

Il procedimento inizia con ricorso:
–          Il provvedimento cautelare può essere chiesto prima dell’inizio della causa di merito o in corso della causa. Il foro generale, per proporre la domanda prima dell’inizio della causa di merito, è quello del giudice che è competente per la causa di merito. Non è mai competente il giudice di pace, quindi se per la causa di merito è competente il giudice di pace si deve proporre la domanda al tribunale. Pertanto, visto che non esiste più il pretore, è sempre competente il tribunale;
–          Quando invece già pende la causa per il merito, la domanda si pone al giudice istruttore (anche qui se la domanda pende davanti al giudice di pace, devo proporla al tribunale). Quando non esiste la giurisdizione del giudice ordinario, allora la domanda si deve proporre al giudice, che sarebbe competente per materia o per valore, del luogo dove deve essere eseguito il provvedimento cautelare;
–          Quando la causa è oggetto di una clausola compromissoria al compromesso in arbitri (quando la causa di merito è devoluta alla decisione degli arbitri) la domanda va proposta al giudice che sarebbe competente per la causa di merito se non vi fosse la compromissione in arbitri. Adesso si può chiedere un provvedimento cautelare anche nel caso di compromissione in arbitri irrituali (lo ha previsto il legislatore all’art. 669quinquies c.p.c.);
Il procedimento è disciplinato dall’art. 669sexies c.p.c.:
–          Procedimento normale (primo comma):
Il giudice deve sentire le parti (si inizia con ricorso, il giudice fissa l’udienza con decreto, decreto e ricorso devono essere notificata all’altra parte) “omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio”. Questo significa che l’unica regola fondamentale è rispettare il contraddittorio (lo stesso principio c’è anche nel procedimento relativo all’arbitrato);
Poi il giudice compie gli atti di istruzione che ritiene indispensabili (è comunque un procedimento sommario) in relazione ai presupposti del provvedimento cautelare ed al tipo di provvedimento richiesto;
Poi emette la sua decisione con ordinanza.
–          Provvedimento cautelare inaudita altera parte (secondo comma): si può avere nelle ipotesi in cui la convocazione della controparte può pregiudicare l’attuazione del provvedimento cautelare (es. il creditore che vuole iniziare un processo di condanna al pagamento di una somma di denaro teme che il debitore faccia sparire i propri beni). In questi casi si può chiedere il provvedimento cautelare senza che a questa prima fase vi partecipi l’altra parte:
Il giudice, dopo aver compiuti gli atti istruttori, emana un provvedimento con decreto che deve essere notificato all’altra parte con ricorso. Con questo decreto il giudice fissa anche un’udienza a breve termine (massimo a distanza di 15 giorni dall’emanazione del decreto) e il termine entro il quale decreto e ricorso devono essere notificati all’altra parte (massimo a 8 giorni di distanza dall’emanazione del decreto);
All’udienza poi il giudice può confermare, modificare o revocare il provvedimento cautelare.

Carattere tradizionale del nostro processo era la strumentalità, intesa nel senso che i provvedimenti cautelari dipendevano nella loro efficacia dal processo di cognizione. L’art. 669 octies c.p.c. prevede quella che era la regola generale (ora è la regola solo per alcuni provvedimenti): una volta instaurato il provvedimento cautelare vi era l’onere di instaurare il processo di cognizione entro il termine stabilito dal giudice (altrimenti è di 60 giorni). L’art. 669 novies c.p.c. poi prevede la conseguenza del mancato adempimento dell’onere: il provvedimento cautelare perde efficacia anche se, una volta instaurato il processo di cognizione, questo si estingue (questo vale anche se si è ottenuto un provvedimento cautelare in corso di causa).

Il legislatore ha stabilito ora che le regole tradizionali non valgono per certi provvedimenti cautelari che vengono definiti provvedimenti cautelari anticipatori:
–          Provvedimenti emessi a norma dell’art. 700 c.p.c.;
–          Provvedimenti cautelari idonei ad anticipare la decisione di merito;
–          Provvedimenti cautelari emessi quando è stata proposta l’azione di danno temuto e la denuncia di nuova opera.
Questi provvedimenti hanno un regime proprio:
–          Se vengono chiesti, e ottenuti ante causa, non vi è l’onere di instaurare il processo di cognizione;
–          Se il processo di cognizione si estingue il provvedimento cautelare sopravvive all’estinzione;
–          La revoca e modifica può essere chiesta al giudice istruttore (vale per i provvedimenti ante causa e quelli in corso di causa);
–          Si può chiedere la revoca e la modifica al giudice istruttore (art. 669 c.p.c. decies) anche se non si è instaurato il processo di cognizione (deve essere chiesta al giudice che ha emanato il provvedimento cautelare);
–          Non vi è l’onere di instaurare il processo di cognizione, si può farlo sine diem.
Pertanto questi provvedimenti cautelari anticipatori hanno una vita autonoma rispetto al processo di cognizione. La strumentalità è sicuramente stata attenuata, non è però venuta meno.
Vi sono due categorie di provvedimenti cautelari:
–          I nuovi provvedimenti sono definiti provvedimenti cautelari anticipatori e comprendono tutti i provvedimenti cautelari esclusi i sequestri;
–          La categoria dei provvedimenti conservativi comprende tutti e solo i sequestri (anche quelli previsti dal leggi speciali, es. in materia di brevetti).

L’art. 669 septies c.p.c. parla del rigetto della domanda cautelare:
–          Se è rigettata per ragioni di competenza (si è adito il giudice incompetente) non trovano applicazione le regole generali della competenza previste nel processo di cognizione (niente trasferimento del procedimento cautelare davanti al giudice competente). Non vi è nessun limite alla riproponibilità;
–          Se viene rigettata per altre circostanze, può essere riproposto solo per mutamento delle circostanze o se vengono dedotte nuove ragioni di fatto o di diritto.
Presupposti della revoca (art. 669 decies c.p.c.):
–          Mutamento delle circostanze;
–          Allegazione di fatti anteriori al provvedimento cautelare di cui però la parte è venuta a conoscenza dopo il provvedimento cautelare (in tal caso deve dare la prova della conoscenza sopravvenuta).

L’istituto del reclamo (art. 669 terdecies c.p.c.) contro il provvedimento cautelare prevede che le circostanze sopravvenute alla proposizione del provvedimento di reclamo devono essere fatte valere nell’ambito del procedimento di reclamo.
Combinando tutte queste disposizione (septies, decies e il terdecies) è stato elaborato il concetto di giudicato cautelare, non nel senso che il provvedimento cautelare produca l’autorità della cosa giudicata (questo lo esclude l’ultimo comma dell’octies), ma nel senso che è precluso riproporre la domanda cautelare con riferimento al dedotto e al deducibile:
–          Il dedotto va inteso nello stesso senso in cui lo si intende a proposito del giudicato materiale: non si può riproporre la domanda cautelare per le stesse circostanze già dedotte in un precedente procedimento cautelare;
–          Il deducibile va inteso in senso soggettivo: non si possono dedurre quelle circostanze che non si sono dedotte ma che si conosceva prima del provvedimento cautelare.
Il reclamo cautelare è previsto contro:
–          I provvedimenti di accoglimento del provvedimento cautelare;
–          I provvedimenti di rigetto del provvedimento cautelare.

Il reclamo contro i provvedimenti emanati dal giudice singolo và proposto al collegio (del collegio non può far parte il giudice che ha emanato il provvedimento cautelare).
Nel caso di reclamo dei provvedimenti della corte d’appello, questo và proposto ad altra sezione della stessa corte d’appello, oppure se manca un’altra sezione, alla corte d’appello più vicina.
Non viene disciplinata l’ipotesi dei reclamo contro i provvedimenti emanati dal collegio: alcuni dicono che vanno richiesti ad altra sezione dello stesso tribunale, altri dicono che si debba chiedere alla corte d’appello.
È vietata la rimessione della causa al giudice di primo grado.

 

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