L’art. 360 co. 1 indica come suscettibili di ricorso:

  • le sentenze pronunciate in grado di appello;
  • le sentenze pronunciate in unico grado, ricomprendenti quelle che decidono l’opposizione agli atti esecutivi (art. 618 co. 2 e 3), l’opposizione all’esecuzione (art. 616), l’opposizione di terzo all’esecuzione (art. 619 co. 4) e le opposizioni in sede di distribuzione (art. 512), nonché numerose decisioni emanate nel corso del fallimento.

L’art. 111 co. 7 Cost. ammette il ricorso per Cassazione per violazione di legge contro tutti i provvedimenti che hanno la forma di sentenza, estendendo il rimedio anche alle sentenze dei giudici speciali diversi dal Consiglio di Stato e dalla Corte dei conti (deroga ex art. 362 co. 1).

Sin dai primi anni di vigenza della Costituzione, la Corte di cassazione in una serie di decisioni interpretò la formula dell’art. 111 Cost. in senso sostanziale, ritenendo che la nozione di sentenza fosse da riferire non alla particolare forma giuridica del provvedimento, bensì al suo contenuto, qualificando come provvedimento ricorribile qualsiasi provvedimento decisorio che avesse presentato due caratteristiche:

  • essere relativo a diritti;
  • avere attitudine al giudicato formale e sostanziale.

Risulta quindi ammissibile, anzi doveroso, ammettere la ricorribilità in Cassazione in presenza di un provvedimento che, pur avendo la forma dell’ordinanza o del decreto, ha viceversa il contenuto della sentenza.

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