A causa di una particolare connessione fra le domande proposte dalle parti si prevedevano delle modifiche alle norme sulla competenza per favorire il simultaneus processus, per far si ché il processo si svolgesse congiuntamente con riferimento ad entrambe le domande (es. l’art. 31 c.p.c. prevedeva la possibilità di proporre la domanda accessoria davanti al giudice della causa principale).
Le ragioni di connessione non dipendevano dagli elementi di identificazione dell’azione, ma da particolari rapporti fra le domande proposte:
– Domanda accessorietà (art. 31 c.p.c.);
– Domanda di garanzia (art. 32 c.p.c.);
– Accertamenti incidentali (art. 34 c.p.c.);
– Eccezione di compensazione (art. 35 c.p.c.);
– Domanda riconvenzionale (art. 36 c.p.c.).
Queste modifiche alla competenza per ragioni di connessione devono ritenersi abrogate dall’entrata in vigore degli ultimi due commi dell’art. 40 c.p.c. che disciplina la connessione: prevede che quando due domande siano connesse fra loro – per oggetto o per il titolo, o ai sensi degli art. 31, 32, 34, 35, 36 c.p.c. – possano essere riunite.
Quando queste domande sono connesse allora la regola prevedeva che fosse il giudice adito per secondo a dover fissare il termine per la riunione davanti all’altro giudice (se si trattava di domanda accessoria, doveva essere il giudice della domanda accessoria a fissare il termine).
La connessione poteva essere rilevata anche d’ufficio, ma non oltre la prima udienza.
Non poteva essere disposta riunione quando lo stato della causa principale, o preventivamente proposta, non consentiva l’esauriente trattazione della causa connessa.
Il legislatore, circa una decina di anni fa, ha introdotto una serie di norme volte a favorire la riunione:
– Un ostacolo alla riunione era la diversità di riti, allora ha disposto che:
- Se un rito era quello ordinario e l’altro quello speciale, dovesse prevalere il rito ordinario;
- Ma se il rito speciale era il rito del lavoro, allora doveva prevalere il rito del lavoro;
Quando si trovano connesse due cause entrambe soggette a riti speciali prevale il rito della causa di maggior valore oppure, in subordine, quello in ragione del quale viene determinata la competenza;
– Il penultimo comma dell’art. 40 c.p.c. prevede che se un soggetto intende proporre due domande che sono fra loro connesse a norma degli articoli 31, 32, 34, 35 e 36 c.p.c., e queste domande sarebbero una di competenza del tribunale e una di competenza del giudice di pace, allora la parte può proporre entrambe le domande direttamente al tribunale;
– L’ultimo comma prevede che, se davanti al tribunale e al giudice di pace, pendono due domande che sono connesse a norma degli art. 31, 32, 34, 35, 36 c.p.c. il giudice di pace deve rimettere la sua causa al tribunale (anche se il giudice di pace è competente per materia).
Dagli ultimi due commi dell’art. 40 c.p.c. si ricava il principio che la competenza del giudice di pace cede sempre alla competenza del tribunale quando una causa per la quale è competente è connessa, a norma degli art. 31, 32, 34, 35, 36 c.p.c., con altra che è di competenza del tribunale. Allora questa disciplina fa si che si debbano ritenere abrogate quelle modifiche alla competenza per ragioni di connessione. Questo non vale per l’art. 33 c.p.c. che continua ad avere un rilievo autonomo.
Peraltro le disposizioni degli articoli 31, 32, 34, 35 e 36 c.p.c. non sono abrogate integralmente, ma solamente quella parte che prevedeva le modifica alla competenza per ragioni di connessione.