“Prove” viene utilizzato in due significati differenti:
–          A volte significa mezzi di prova, come strumento diretto a formare il convincimento del giudice;
–          Altre volte indica il risultato cui mira il mezzo di prova, il convincimento del giudice.
La regola generale è quella dell’art. 116.1 c.p.c.: il giudice deve valutare le prove secondo il suo prudente apprezzamento, salvo che la legge disponga diversamente.
La locuzione “le parti chiedono l’ammissione di mezzi di prova” ha riguardo alle prove costituende (quelle che si formano nel corso del processo).
L’assunzione del mezzo di prova è lo svolgimento di quel particolare procedimento attraverso il quale si forma la prova, e al termine del quale la prova viene acquista al processo.

L’ammissione dei mezzi di prova dipende da un duplice giudizio:
–          Sull’ammissibilità:
Si valutano se esistono le condizioni stabilite dalla legge per quel determinato mezzo di prova (es. la confessione deve provenire da persona capace di disporre del diritto cui si riferiscono i fatti confessati, può anche provenire da un rappresentante della parte nei limiti del potere di rappresentanza conferito);
Si valuta anche se esistano o meno gli impedimenti stabiliti dalla legge (es. sono scaduti i termini per chiedere l’ammissione di quel determinato mezzo di prova).
–          Sulla rilevanza dei mezzi di prova: I mezzi di prova sono rilevanti quando mirano a provare fatti che incidono sulla fondatezza della domanda. A questo punto sono rilevanti anche fatti che non sono principali (es. determinate circostanze che determinano il quantum del danno e non l’esistenza del diritto al risarcimento del danno), che prendono il nome di fatti secondari (vedi p. 86).

I fatti costitutivi del diritto e i fatti oggetto dell’eccezione (fatti impeditivi, modificativi ed estintivi) formano la categoria dei fatti principali. Sarebbe più corretto parlare di fattispecie perché spesso non si tratta di un’unica circostanza, ma di un complesso di circostanze dal cui insieme dipende il sorgere del diritto o la fondatezza di un’eccezione. Ognuna di queste circostanze può essere oggetto di un mezzo di prova.

Vi sono dei fatti che incidono non sul merito della domanda (sulla sua fondatezza o infondatezza) ma sul potere del giudice di decidere nel merito della domanda (il potere decisorio nel merito del giudice dipende dall’esistenza delle condizioni di trattabilità e decidibilità della causa nel merito). Quindi anche tutti quei fatti che attengono alle condizioni di trattabilità e decidibilità della causa nel merito sono rilevanti.

Vi sono poi dei fatti che attengono al processo, anche questi sono rilevanti (es. secondo l’interpretazione tradizionale il processo va sospeso quando pende altra causa. Questa altra causa in rapporto di pregiudizialità di pendenza deve essere provata, quindi anche i mezzi di prova relativi a quest’altra causa sono rilevanti).

In concreto può accadere che anche un mezzo di prova relativo ad un fatto principale diventi irrilevante (es. il creditore fa valere il diritto alla restituzione di una somma data a mutuo. Il convenuto propone l’eccezione di remissione del debito e quella di prescrizione. Se il giudice ritiene matura per la decisione una di queste eccezioni, può ritenere esaurita l’istruzione e non ammettere i fatti relativi all’altra eccezione in quanto diventano irrilevanti).

Principio della questione più liquida: il giudice istruttore non è vincolato nell’istruzione della causa dalla volontà delle parti, per pronunciare ad es. sul merito della causa può procedere all’istruzione della questione che lui ritiene più opportuna (es. convincersi che la domanda debba essere rigettata perché ad es. è fondata un’eccezione). C’è chi dice che dovrebbe procedere prima all’accertamento del fatto costitutivo del diritto e solo poi procedere all’accertamento dei fatti relativi all’oggetto dell’eccezione.

 

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