la proposizione tempestiva dell’appello consente alla parte di evitare la inammissibilità del gravame stesso ma l’appello deve anche essere proseguito mediante atti di impulso che costituiscono per la parte interessata una serie di oneri da osservare per evitare la sanzione della improcedibilità. L’inammissibilità e l’improcedibilità conducono entrambe al passaggio in giudicato della sentenza di primo grado giacché l’appello dichiarato inammissibile o improcedibile non può essere riproposto anche se non è decorso il termine fissato dalla legge. In particolare per l’improcedibilità, il legislatore ne ha modificato il regime. Art.348 cpc → l’appello è dichiarato improcedibile anche d’ufficio in due distinte ipotesi:

  • se l’appellante non si costituisce in termini (normalmente 10 giorni)
  • se l’appellante non compare alla prima udienza benché si sia anteriormente costituito, il collegio con ordinanza non impugnabile rinvia la causa ad una prossima udienza della quale il cancelliere dà comunicazione all’appellante. Se anche alla nuova udienza l’appellante non compare, l’appello è dichiarato improcedibile anche d’ufficio. L’anteriore costituzione è quella tempestiva.

La riforma ha soppresso le altre cause di improcedibilità. L’appello non sarà improcedibile se l’appellante non presenta il proprio fascicolo nella prima udienza o in quella di rinvio avendo il giudice conosciuto i giustificati motivi dell’omissione.

L’inidoneità causa di nullità non può colpire l’atto per omissione o vizio di atti successivi. Il giudice di appello non può adempiere al suo essenziale compito di riesame senza conoscere la decisione impugnata. Scomparsa l’improcedibilità, la sanzione si ritrova nella pronuncia sul merito dell’appello. L’improcedibilità dell’appello principale non osta all’esame nel merito dell’appello o degli appelli incidentali proposti dall’appellato o da altre parti. La situazione non differisce da quella che si produce nel corrispondente caso nel processo di primo grado. Il processo d’appello resterà quiescente e potrà essere riassunto entro un anno dalla scadenza del termine per la costituzione dell’appellato sotto pena di estinzione.

Il divieto di nuove domande ed eccezioni

Nel giudizio d’appello non possono proporsi domande nuove e se proposte debbono essere dichiarate inammissibili d’ufficio. La dichiarazione di inammissibilità esclude la domanda nuova dal tema del giudizio d’appello per un divieto processuale assoluto. Domande nuove sono quelle che si differenziano dalle domande per alcuno degli elementi obiettivi di identificazione e cioè aventi un diverso petitum o fondate su diversa causa petendi. Si potrà invece modificare la qualificazione giuridica o ridurre l’oggetto immediato o mediato della domanda. La norma aggiunge che possono tuttavia domandarsi gli interessi, i frutti e gli accessori maturati dopo la sentenza impugnata nonché il risarcimento dei danni sofferti dopo la sentenza stessa. Il divieto non colpisce neppure le domande proposte dai terzi che possano intervenire in appello.

Il legislatore del 1990 ha poi recepito la regola riguardo alle eccezioni precisandone la portata: non possono proporsi nuove eccezioni che non siano rilevabili anche d’ufficio, riferite alle eccezioni in senso stretto e proprio, cioè ai fatti impeditivi, modificativi o estintivi del diritto dell’attore. Per il rispetto dovuto al principio del contraddittorio il giudice d’appello non potrà rilevare questi fatti d’ufficio senza averli segnalati alle parti e averle invitate a discuterne. Sono ammesse le eccezioni processuali non precluse dal giudizio di primo grado: e cioè quelle rilevabili d’ufficio e tutte quelle comunque attinenti alla fase d’appello.

Il legislatore ha inteso attuare quel principio del doppio grado di giurisdizione che impedisce ogni estensione della cognizione e della decisione del giudice di appello oltre i limiti obiettivi fissati alla causa nella fase di primo grado. I limiti sono seganti dal thema decidendum non dal thema decisum in primo grado. Il divieto di nuove deduzioni soddisfa ad un’esigenza connaturata alla struttura dell’appello e non a quella del rispetto del contraddittorio: esso è di conseguenza assoluto e la sua violazione deve essere rilevata d’ufficio dal giudice d’appello con una dichiarazione di inammissibilità della domanda o dell’eccezione, contenuta nella sentenza che definisce il giudizio.

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