Il criterio di accertamento caratterizzante la giurisdizione si basa sull’effetto prodotto: si ha attività giurisdizionale ove si produca, al termine del suo esercizio, l’effetto di accertamento incontrovertibile. Vi è un binomio fra giurisdizione ed accertamento, non può esservi l’una senza l’altro. Secondo questo criterio, la natura del potere esercitato si desume dalla natura dell’effetto. Non è però l’unico criterio per individuare l’attività giurisdizionale. Altri sono:

– Criterio soggettivo: giurisdizionale sarebbe l’attività che è svolta dal giudice (qualsiasi attività svolta dal giudice avrebbe natura giurisdizionale).

È un criterio superato poiché al giudice vengono demandate anche funzioni che non hanno nulla a che vedere con la giurisdizione.

– Criterio teleologico (o finalistico): la giurisdizione è quella funzione volta alla tutela dei diritti soggettivi (oppure secondo alcuni è volta alla tutela del diritto oggettivo o alla irrogazione di sanzioni).

Il criterio interpretativo cui si ispirano tali definizioni sta nel fatto che attribuiscono alla giurisdizione uno scopo. Il punto debole sta nel fatto che si pongono dal punto di vista dell’attore che ha ragione. La conseguenza è che non riescono a spiegare la natura dell’attività del giudice quando questi rigetti la domanda.

La definizione che si ispira al criterio dell’effetto riesce a spiegare la natura dell’attività del giudice anche qualora questi rigetti la domanda: è un attività diretta all’accertamento incontrovertibile che ha per oggetto la questione se esista o meno la situazione giuridica sostanziale controversa.

L’opinione prevalente segue il criterio teleologico.

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