Con le invasioni barbariche penetrò in Italia il diritto germanico, che sostituì in molte regioni al processo romano dell’epoca imperiale un processo molto più primitivo; in altre regioni il processo romano conservò applicazione, mentre la Chiesa elaborò un suo processo che, su base fondamentalmente romana, venne adattandosi alle mutate condizioni sociali ed alle particolari esigenze delle materie soggette alla giurisdizione ecclesiastica. Roma e Ravenna furono i principali centri della cultura romanistica nell’alto medio evo, mentre a Pavia, accanto al palatium, cioè al Tribunale supremo presieduto dal re, si formò il maggior centro di studi del diritto longobardo.

Ma sulla fine del secolo XI cominciò ad acquistare importanza e conquistò poi rapidamente il primo posto la scuola giuridica di Bologna, che rinnovò lo studio del diritto sulla base della lettura e del commento del Digesto. Irnerio, lucerna iuris, primus illuminator scientiae nostrae, e poi sulla sua scia la brillante schiera dei Glossatori, riportarono in onore il diritto romano, interpretandolo per adattarlo alle necessità del tempo.

L’interpretazione che essi diedero alle fonti romane si diffuse dalla scuola alla pratica dei giudizi, da Bologna all’Europa continentale e più tardi alle colonie del Nuovo mondo. Riconosciuta al diritto romano (e al diritto canonico per gli affari spirituali) validità universale, esso divenne il diritto comune, che doveva trovare applicazione tutte le volte che il diritto particolare del luogo (leggi, statuti comunali, consuetudini locali) non disponesse espressamente. Si scrissero numerose trattazioni sistematiche, chiamate “ordines iudiciarii” (Bulgaro, Piacentino, Pillio, Tancredi, Grazia, Innocenzo IV, Martino da Fano, etc.) e tutta questa letteratura processuale fu ampiamente rielaborata e riassunta da Guglielmo Durante nel suo Speculum judiciale (1271).

Pur richiamandosi continuamente all’autorità delle fonti romane, la dottrina e la prassi giudiziaria costruirono un processo sostanzialmente nuovo, in cui la struttura del procedimento ed i princìpi fondamentali erano tratti dal diritto giustinianeo, ma adattati alle necessità ed all’organizzazione giudiziaria del loro tempo.

Nei molti secoli in cui fu praticato, il processo comune contribuì poderosamente a formare l’unità giuridica dell’Europa continentale. Ma con l’andar del tempo esso provocò gravi difficoltà ed inconvenienti nella pratica, dovuti alla quantità e diversità delle fonti, alla varietà delle opinioni dei dottori, alle complicazioni ed al formalismo del procedimento. Le monarchie centralizzate, che vennero lentamente acquistando autorità nelle maggiori nazioni europee, cercarono di ovviare a questi inconvenienti con un’attività legislativa sempre più intensa. Particolare importanza ebbero le ordinanze dei Re di Francia e più di tutte l’Ordonnance civile di Luigi XIV {il Re Sole; 05.09.1638 – 01.09.1715} del 1667, le quali intesero regolare in modo chiaro, preciso e semplice il lato esteriore e formale del procedimento.

Proclamati dalla Rivoluzione francese i princìpi della separazione dei poteri, dell’emanazione esclusiva della giustizia dal potere sovrano della nazione, del divieto delle giurisdizioni privilegiate (che sono i principii su cui si basa la giurisdizione negli Stati moderni), la legislazione napoleonica venne a sostituire integralmente l’antico diritto, con grande vantaggio della semplicità e della sicurezza del diritto. Il Code de procédure civile del 1806 regolò il processo in modo semplice e razionale, eliminando tante questioni e formalità inutili, e rimettendo in onore l’oralità e la pubblicità dei giudizi. Proclamato il Regno d’Italia, nel 1864 fu pubblicato il Codice di procedura civile, che ebbe le stesse caratteristiche e rimase in vigore fino al 21 aprile 1942.

Anche in Germania gli studi e i progetti che prepararono la nuova legislazione processuale ebbero come punto di partenza le direttive del codice francese, soprattutto l’oralità, e le svolsero con grande rigore e coerenza nella Zivilprozessordnung del 1877.

Una formazione del tutto diversa ed autonoma ebbe il processo civile delle nazioni anglosassoni.

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