Concezione tripartita. In questo caso la struttura della fattispecie criminosa sarebbe costituita dal fatto (come insieme degli elementi materiali di cui è necessaria la realizzazione), dall’antigiuridicità obiettiva (che qualificherebbe nel senso della contrarietà al diritto penale gli elementi che danno vita al fatto e dall’elemento soggettivo, o volontà colpevole, che permette l’imputazione del fatto. La concezione bipartita contrappone invece al fatto l’elemento soggettivo della volontà colpevole: essa è un’antigiuridicità penale che investirebbe ogni elemento del reato (tanto soggettivo che obiettivo) e che rappresenterebbe una qualifica dell’insieme (il reato) e non una parte o momento che diritto si voglia dell’insieme stesso. Invece la teoria dell’antigiuridicità penale obiettiva va incontro a serie difficoltà quando ci si pone la domanda su quale sia il criterio alla cui stregua si formula il relativo giudizio. Di valutazione normativa può parlarsi solo quando ad essa faccia seguito l’applicabilità di effetti canzonatori e questi nascono da un comportamento fornito non solo delle note di tipicità oggettiva, ma anche di quelle che segnano la tipicità soggettiva. Non basta la causazione della morte di un uomo e la condotta che l’ha cagionata dolosa o colposa: il sistema normativo infatti si riserva di prendere posizione, singola fattispecie per singola fattispecie, sulla necessità/opportunità di punire la commissione di un delitto non “intenzionale” ma dovuto a mera leggerezza. In pratica si assiste alla rinuncia ad utilizzare la norma incriminatrice come criterio da cui discenderebbe la qualifica di antigiuridicità penale oggettiva: in base a ciò si potrebbe pensare che a quest’ultima si perviene mediante norme diverse da quella incriminatrice: in pratica non si arriverebbe all’illecito penale se non mettendo in atto un illecito non penale. In pratica la teoria dell’antigiuridicità penale oggettiva non arriva a risposte soddisfacenti a queste situazioni. Gallo arriva a dire che dall’ultimo comma del 59 si desume che il soggetto agente non deve avere la rappresentazione degli elementi costitutivi di una scriminante: quindi per aversi dolo non si esige che si debba avere consapevolezza dell’antigiuridicità obiettiva del comportamento posto in essere.