Inizialmente la tendenza riformistica penale ha presentato caratteri tutt’altro che differenziali (es. primato rigido della pena detentiva, ampliamento della discrezionalità del giudice). La svolta verso un sistema sanzionatorio differenziato, infatti, si è avuta solo con la l. n. 354 del 1975, la quale ha introdotto cinque principali misure alternative (non sostitutive):

  • l’affidamento in prova al servizio sociale, fuori dall’istituto, per un periodo uguale a quella della pena da scontare, misura questa che viene concessa:
    • se la pena detentiva inflitta non supera i tre anni.
    • se si può desumere che le prescrizioni imposte siano sufficienti per la rieducazione del reo e per la prevenzione del pericolo di ulteriori reati.
    • la semilibertà, consistente nella concessione di trascorrere parte del giorno fuori dall’istituto per partecipare ad attività lavorative, istruttive o comunque utili al reinserimento sociale. Tale sanzione differenziale, in particolare, viene ammessa:
      • come misura preparatoria alla liberazione.
      • per l’espiazione di pene detentivi brevi, a patto che il condannato non sia affidato in prova al servizio sociale.
      • la detenzione domiciliare, consistente nell’espiazione della pena nella propria abitazione, in altro luogo di privata dimora oppure in un luogo pubblico di cura, assistenza o accoglienza. Tale misura alternativa, autorizzata a patto che la pena della reclusione non superi i quattro anni, viene tendenzialmente concessa tenendo conto dell’identità e della condizione dei soggetti condannati:
        • se il condannato è una donna incinta oppure è madre di prole convivente.
        • se il condannato è padre di detta prole e la madre è deceduta o assolutamente impossibilitata a darle assistenza.
        • se il condannato versa in gravi condizioni di salute.
        • se il condannato infraventunne presenta comprovate esigenze di salute, studio, lavoro o famiglia.
        • la liberazione condizionale, convertita in misura alternativa tramite la trasformazione della libertà vigilata in libertà vigilata assistita dal servizio sociale al fine del reinserimento sociale.
        • la liberazione anticipata (premiale), che consiste nella remissione di una parte della pena detentiva.

Una più originale innovazione del nostro sistema sanzionatorio si ha con la l. n. 689 del 1981, la quale ha introdotte le seguenti pena sostitutive:

  • la semidetenzione, che comporta l’obbligo di trascorrere almeno dieci ore al giorno in un istituto situato nel comune di residenza del condannato (o in un comune vicino) e la limitazione di alcuni diritti. Tale misura può sostituire le pene detentive determinabili dal giudice entro il limite di due anni.
  • la libertà controllata, che comporta il divieto di allontanarsi dal comune di residenza, l’obbligo di presentarsi almeno una volta al giorno presso l’ufficio di pubblica sicurezza, la limitazione di alcuni diritti e l’eventuale sottoposizione del condannato ad interventi dei centri di servizio sociali, idonei al suo reinserimento sociale. Tale misura può sostituire le pene detentive determinabili dal giudice entro i limiti di un anno e, per i minori, di due anni.
  • la pena pecuniaria della multa o dell’ammenda, sostitutiva rispettivamente della pena detentiva della reclusione o dell’arresto, determinabile dal giudice entro il limite di sei mesi. Tale sostituzione, comunque, deve essere effettuata secondo il ragguaglio dell’art. 135.
  • l’espulsione dello straniero, nei casi e nei limiti di cui all’art. 16 del d.lgs. n. 286 del 1998 sull’immigrazione.
  • il lavoro sostitutivo, che comporta l’obbligo alla prestazione di un’attività non retribuita da svolgere a favore della collettività.

Presupposti oggettivi per l’applicazione delle suddette pene sostitutive sono:

  • la non commissione del reato nei cinque anni successivi a condotte per le quali è prevista una pena detentiva complessivamente superiore a tre anni di reclusione.
  • la non commissione del reato nell’ultimo decennio, per coloro che sono già stati condannati più di due volte per reati della stessa indole e per coloro che hanno commesso il reato mentre erano sottoposti a libertà vigilata o a sorveglianza speciale.
  • la non presunzione da parte del giudice che le prescrizioni non saranno adempiute dal condannato.

Sull’esempio del plea bargaining (patteggiamento) anglosassone, è stata prevista anche l’applicazione della pena su richiesta della parte, che introduce in qualche misura l’istituto della disponibilità della sanzione penale da parte dell’imputato in accordo col pubblico ministero.

L’innovazione maggiormente importante, comunque, si è avuta col d.lgs. n. 274 del 2000, che ha introdotto le pene principali non detentive (competenza del giudice di pace):

  • della multa e dell’ammenda, identiche per nome alle omonime pene pecuniarie, ma differenziantisi per disciplina. Il d.lgs. n. 274 del 2000, infatti, tra le altre cose, ha sancito la conversione, a richiesta del condannato, della pena pecuniaria non eseguita per insolvibilità in lavoro sostitutivo.
  • della permanenza domiciliare, consistente nell’obbligo di rimanere presso la propria abitazione, presso un altro luogo di privata dimora oppure presso un luogo di cura, assistenza o accoglienza nei giorni di sabato e domenica. Tale pena, comunque, non equiparabile allo stato di detenzione, non può essere inferiore a sei e superiore a quarantacinque giorni.
  • del lavoro di pubblica utilità, consistente nella prestazione di attività non retribuita in favore della collettività da svolgere presso lo Stato, regioni, province, enti od organizzazioni sociali e di volontariato. Tale pena, applicabile solo su richiesta dell’imputato, non può essere inferiore a dieci giorni e superiore a sei mesi e non può superare le sei ore settimanali.

Il triplice scopo di questo nuovo sistema consiste:

  • nella mitigazione dell’afflittività della pena (unico scopo verosimile).
  • nel recupero dell’effettività sanzionatoria, attraverso la previsione come delitto della violazione degli obblighi relativi alla permanenza domiciliare e al lavoro di pubblica utilità.
  • nell’alleggerimento del sistema processuale, attraverso l’innovativa rinuncia alla pena.
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