La pericolosità criminale rappresenta il presupposto per l’applicazione delle misure di prevenzione post delictum, che prendono appunto il nome di misure di sicurezza. A differenza del precedente, il vigente codice ha espressamente accolto la nozione di pericolosità criminale nell’art. 203 co. 1, il quale dispone che è socialmente pericolosa, la persona, anche se non imputabile o non punibile, la quale ha commesso taluno dei fatti indicati nell’articolo precedente (reati o quasi reati), quando è probabile che commetta nuovi fatti preveduti dalla legge come reati . La pericolosità, quindi, è la qualità del soggetto da cui si deduce la probabilità che egli commetta nuovi reati.

Circa i rapporti tra capacità a delinquere e pericolosità sociale, trattasi di due concetti eterogenei, per chi intende la capacità criminale in senso etico-retributivo, o di due concetti con indubbie analogie, per chi intende la capacità criminale in senso prognostico-preventivo (la prima è solo possibilità, mentre la seconda è probabilità di commettere un reato).

Nel nostro diritto penale, in particolare, la pericolosità rileva:

  • come presupposto per l’applicazione delle misure di sicurezza.
  • ai fini della commisurazione della pena ai sensi dell’art. 133, costituendo una species particolarmente intensa di capacità a delinquere.
  • per il suo ruolo decisivo negli istituti della sospensione condizionale della pena, del perdono giudiziale, liberazione condizionale, affidamento di prova al servizio sociale, ecc.
  • ai fini processuali delle misure cautelari.

Nei tempi più recenti, la pericolosità è divenuta oggetto di un ampio dibattito:

  • i vecchi ottimismi delle scienze antropologiche, opponendosi ad ogni forma di pericolosità presunta, auspicavano l’accertamento della pericolosità caso per caso.
  • i sopravvenuti pessimismi, nelle loro posizioni più estreme, ritenevano che la pericolosità dovesse essere eliminata, per l’inaffidabilità, l’incertezza e, quindi, l’arbitrarietà ed abusi dei giudizi predittivi.
  • i realismi mediatori ritenevano diagnosticabile non tanto la pericolosità generica, quanto la pericolosità specifica a breve termine (es. eroinomane in astinenza) e la pericolosità specifica condizionale (es. ubriaco abituale che si mette al volante).

La categoria della pericolosità trova incontestabile riscontro nella realtà umana, esprimendo modi di essere di determinati soggetti, i cosiddett soggetti pericolosi. La realtà umana che essa identifica e l’esigenza di difesa sociale che essa esprime, in particolare, costituiscono dei punti fermi, non potendosi più disconoscere che il delinquente non è sempre un individuo da punire, ma talora soltanto un soggetto pericoloso per la convivenza sociale.

Il problema della pericolosità, quindi, non può essere risolto con la sua eliminazione dal diritto penale, bensì con un ridimensionamento del suo tradizionale ruolo, nel senso:

  • che la pericolosità deve essere considerata non una caratteristica indefettibile, ma soltanto una qualità eventuale dell’autore di reato: la possibilità di delinquere è di tutti, mentre la probabilità soltanto di alcuni.

Nei sistemi dualistiche, infatti, la pericolosità non può essere una qualità necessaria, ma soltanto eventuale dell’autore del reato, e questo perché l’esperienza pratica non autorizza ad asserire che ogni autore di un reato con probabilità ne commetterà un altro.

  • che necessario presupposto minimo del giudizio di pericolosità deve essere la commissione quanto meno di un illecito penale (nulla periculositas sine crimine). L’illecito penale, infatti, deve rappresentare il sintomo inscindibile della stessa pericolosità.

La differenza tra la pericolosità e il reato sta nel fatto che, mentre questo consiste e si esaurisce in un accadimento storicamente circoscritto, quella implica una situazione soggettiva durevole, anche se non necessariamente permanente.

  • che occorre passare dall’attuale pericolosità generica, quale mera probabilità di commettere nuovi reati da parte dell’autore di un illecito penale, alla pericolosità specifica, quale probabilità di commettere reati specifici e di particolare rilevanza.

Troppo ampia e generica è la definizione accolta dal codice, poiché, prescindendo dal tipo e dalla gravità dei reati che il soggetto verosimilmente potrà commettere, porta a considerare pericoloso non solo il probabile autore di futuri delitti, gravi e di analoga indole, ma anche chi potrà verosimilmente compiere un altro reato, di qualsiasi tipo e gravità.

  • che si pone il problema se restare ancorati al doppio binario spurio, rettificandone le incongruenze, o passare al doppio binario puro, limitando la pericolosità sociale e le misure di sicurezza ai soli soggetti totalmente non imputabili. Sebbene come qualità eventuale, comunque, la pericolosità viene anche dai più recenti codici, come pure dal nostro, ammessa rispetto a tutti i soggetti agenti, a prescindere dal loro grado di imputabilità.
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