Occorre distinguere tra:

  • Eutanasia non consensuale. È illecita perché la rinuncia alla vita non può che essere frutto di una scelta spontanea del titolare del bene
  • Eutanasia consensuale attiva. E’ illecita, perché configura il delitto di omicidio del consenziente.
  • Eutanasia consensuale passiva. E’ lecita, consistendo nell’interruzione di un trattamento terapeutico salvavita e quindi conforme al diritto di rifiuto alle cure sancito dall’art.32 della Costituzione nonché dalla recente legge 219/2017.

Si discute se la condotta, posta in essere dal medico, di distacco di sostegno meccanico vitale o della interruzione della nutrizione e idratazione artificiali richiesti dal paziente, sia considerarsi come eutanasia (consensuale) attiva o passiva:

  1. Per una prima tesi si tratterebbe di una condotta passiva, in quanto l’evento morte non deriverebbe dalla condotta di distacco del sostegno meccanico vitalo o dalla interruzione della nutrizione, ma semplicemente dall’evolversi del processo patologico in atto.
  2. Per una seconda tesi, la condotta del medico sarebbe attiva, ma sarebbe comunque scriminata dall’adempimento del dovere (art.51). Tuttavia tale tesi, come abbiamo già detto, non si concilia con il requisito del consenso, incompatibile con l’elemento del dovere.

La componente attiva del distacco del sostegno meccanico vitale assume rilievo anche per quanto riguarda la questione della obiezione di coscienza:

  1. Secondo alcuni l’obiezione di coscienza è un diritto solo qualora vi sia una disciplina espressa che lo accordi nelle specifiche ipotesi
  2. Secondo altri invece il diritto all’obiezione di coscienza trova fondamento nella libertà di coscienza costituzionalmente garantita, e non semplicemente nella normativa ordinaria.

La seconda tesi sembra la più corretta. Occorre considerare che la legge 219 prescrive l’obbligo per ogni “struttura sanitaria” di garantire la piena e corretta attuazione dei principi della stessa legge: la norma sembra rendere inammissibile l’obiezione da parte di una intera struttura, ma non vi sono ostacoli per l’obiezione del singolo medico, purché la struttura sanitaria garantisca che il medico obiettore sia sostituto, garantendo il diritto del paziente.