Talidomide

Questo caso riguarda la messa in commercio di un preparato (talidomide) farmaceutico che viene ingerito anche da donne gestanti, le quali hanno, quasi tutte, partorito figli con malformazioni congenite. Il problema era che non è scientificamente chiaro il meccanismo di produzione del fenomeno. In ogni caso l’ipotesi del danno del farmaco era dotata di sufficiente sostegno teorico.

Lo dimostravano: il fatto che durante i 10 anni antecedenti alla comparsa del talidomide molti scienziati avevano dichiarato che non meno di 25 preparati provocavano morte e malformazioni nei feti; gli effetti dannosi del farmaco erano confermati da esperimenti scientifici compiuti su animali; e poi sulla base di rapporti dei medici provenienti da tutte le parti del mondo e asserenti un nesso tra l’ingestione del talidomide e la nascita di bambini malformati.

Inoltre altre prove erano desumibili dalle circostanze: l’ondata delle malformazioni tipiche scomparve dopo il ritiro del farmaco dal mercato e la distribuzione geografica delle malformazioni coincideva con l’area di vendita del prodotto. Per cui in questo caso era razionalmente argomentabile una spiegazione su base statistica degli effetti dannosi del farmaco.

 

Macchie blu

Questo caso riguarda le manifestazioni morbose cutanee a carattere epidemiologico lamentate dagli abitanti della zona in cui era sita una fabbrica di alluminio emittente fumi all’esterno. Anche qui c’erano molte connessioni significative. Elevato numero di macchie blu nei luoghi in cui si disperdevano i fumi dello stabilimento a fronte di una rarità di casi simili in luoghi in cui non esistono fabbriche di alluminio; coincidenza di danni alle persone, colture e animali nei medesimi luoghi; coincidenza degli avvenimenti attuali con quelli verificatesi 30 anni prima al momento dell’apertura della fabbrica; cessazione dei danni, allora come ora, in seguito alla messa in opera di un buon depuratore; guarigione delle persone che si sono allontanate dalla zona e ricomparsa delle macchie al rientro.

In mancanza di conoscenze esaurienti sul meccanismo di produzione del fenomeno, solo una spiegazione di tipo statistico avrebbe potuto condurre al riconoscimento di un nesso causale tra l’emissione dei fumi e la comparsa dei danni lamentati.

 

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