Essa è sia la regola così prodotta sia il modo di produzione di una norma giuridica (si parla di processo di formazione di una regola, per consuetudine, che è la ripetizione generale, frequente e pubblica di un comportamento tenuto convincendosi di adempiere a un precetto giuridico. Fondamentale qui, oltre all’uniformità e costanza, anche la frequenza e la pubblicità (la quale permette di accertare come significanti i comportamenti assunti). Dal 1° preleggi Gallo deduce che la consuetudine nel nostro ordinamento è fonte primaria per le materie non regolate da leggi e regolamenti.
Ruolo della consuetudine nel penale. Gallo esclude subito la legittimità di regole consuetudinarie incriminatrici (per la presenza della riserva di legge: se si creasse per consuetudine una regole che preveda una figura di reato non contemplata da legge, questa sarebbe vs 25 2° Costituzione). Tuttavia però la legge usa spesso, come equivalente di consuetudine, il termine “uso” (esempio: 8 preleggi) ovvero al 625 C.P. denomina “consuetudine” quella che appare come una mera abitudine(esempio: non impossessarsi dell’auto altrui). Siamo davanti alle cosiddette ”fattispecie aperte” dove il rinvio è ad un elemento di fatto non direttamente specificato. Si deve chiarire che si parla di “consuetudine integratrice” quando la legge rinvia, per esplicitare la sua previsione, ad una regola giuridica formatasi per consuetudine: per Gallo ciò è inammissibile, dato che la legge non può rinviare a regole non legge: se ciò vale per il regolamento, perchè non dovrebbe valere qui?.
Consuetudine può abrogare fattispecie criminosa, modificarla, creare scriminante? Il nostro ordinamento ex 15 preleggi dispone che la legge può esser abrogata solo da un’altra legge: che lo dichiari espressamente (abrogazione espressa), che sia con la prima incompatibile (abrogazione tacita), che regoli l’intera materia regolata dalla precedente (abrogazione implicita). In linea di principio si è concordi nell’escludere la possibilità di abrogazione di regole penali per consuetudine (“per desuetudine”): in questo modo però per Gallo dovremmo concludere che in materia penale non sarebbe possibile né abrogazione tacita, né abrogazione implicita, in quanto entrambe danno ugualmente adito a interpretazioni ben lontane da una anche se relativa univocità. La legge però ha riconosciuto la possibilità di queste due forme di abrogazione in campo penale (infatti l.4/1929 le escludeva espressamente in tema di repressione delle violazioni delle leggi finanziarie). Quindi per Gallo il motivo per cui la desuetudine non può abrogare regole penali incriminatrici, va rintracciato non nell’esigenza di certezza, bensì nella situazione di contrasto e incompatibilità che la rilevanza di una consuetudine abrogativa verrebbe a creare rispetto al monopolio legale sancito dalla riserva assoluta.
Unico caso di desuetudine per Gallo. Esso avviene, per il “principio di offensività”, la cui osservanza è assicurata da regole preesistenti alla cos, che disposti formalmente non abrogati, perdono efficacia incriminatrice dal momento in cui la loro capacità di qualifica permette solo la verifica della corrispondenza dei fatti al tipo descrittivo, senza che a ciò si aggiunga il requisito sostanziale dell’offesa a un bene tutelato.