Il principio di legalità ha una matrice risalente alla dottrina illuministica del “contratto sociale” , quindi una genesi politica. Si giustifica con l’esigenza di vincolare l’esercizio di ogni potere dello Stato, alla legge.

L’idea di tutela dei diritti di libertà del cittadino nei confronti del potere dello Stato si esprime col divieto di retroattività della legge penale: agli illuministi appare eccessivamente lesivo dei diritti di libertà del cittadino,punire “successivamente” un’azione la quale, nel momento in cui viene commessa, non è ancora penalmente sanzionata, anche se risulta già contraria alla morale o al diritto. Invero, il divieto di retroattività va riferito più che al comportamento, alla sanzione, la quale si trasforma in una misura arbitraria, inconciliabile con la libertà del singolo, se applicata senza preventiva minaccia.

La traduzione di tale principio in termini giuridico- penali, avviene nei primi dell’800 ad opera del tedesco Feuerbach, il quale lo canonizza con la celebre formula “nulla poena sine lege”. Se la minaccia della pena deve funzionare da deterrente psicologico nel distogliere dal commettere reati, è necessario che i cittadini conoscano prima quali sono i fatti, la cui realizzazione comporta l’inflizione della sanzione.

Nella Costituzione il principio di legalità ha trovato riconoscimento nell’art 25, 2°c che dispone: “nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso”.

Nel codice penale, invece, il principio di legalità trova espressione all’art. 1 che statuisce: “nessuno può essere punito per un fatto che non sia espressamente preveduto come reato dalla legge, né con pene che non siano da essa stabilite.”

Il principio di legalità si articola in 4 sottoprincipi: la riserva di legge, la tassatività, l’irretroattività e il divieto di analogia.

 

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