Nel quadro costituzionale dell’ amministrazione, dal punto di vista delle fonti, assume importanza fondamentale il ruolo che la legge ricopre nella disciplina dell’ ordinamento, dell’ organizzazione e dell’ attività amministrativa.

La P.A. è, infatti, sottoposta al principio di legalità: ciò significa, in altri termini, che i pubblici uffici, cioè gli apparati amministrativi (enti ed organi) devono agire secondo le norme stabilite dalla legge, rispettando i diritti dei cittadini; tale principio non è enunciato in modo esplicito nella nostra Costituzione, ma ad esso fanno comunque riferimento numerose norme (artt. 23, 28, 113 Cost.). Esso è, poi, rafforzato anche da altri princìpi enunciati dalla Carta costituzionale: primo tra tutti il principio della riserva di legge nell’ organizzazione dei pubblici uffici.

Dal 1926, e per tutto il periodo fascista, l’ organizzazione della P.A. è stata di esclusiva competenza del potere esecutivo; viceversa, con l’ entrata in vigore della Costituzione repubblicana le cose sono cambiate; ciò risulta oggi confermato dalla formulazione del co. 1 dell’ art. 97 Cost., il quale, infatti, stabilendo che i pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, ha disposto una riserva di legge in proposito (ha dato, cioè, al Parlamento il compito di delineare le linee fondamentali dell’ organizzazione amministrativa, in modo da sottoporre questo importante aspetto al controllo democratico e sottrarlo al potere discrezionale del Governo).

L’ art. 97 Cost. parla, come abbiamo visto, di pubblici uffici, ma non ci dice che cosa bisogna intendere per essi; ci dice soltanto, al co. 2, che di questi ne sono determinate le competenze, le attribuzioni e le responsabilità dei funzionari. Ora, dal momento che sono menzionate solo le attribuzioni (spettanti agli enti) e le competenze (spettanti agli organi), sono, di conseguenza, esclusi dalla preesistenza della legge gli uffici, i quali, infatti, sono destinatari di compiti e non di competenze.

Come detto, quindi, la legge non può limitarsi a creare l’ istituzione di un apparato amministrativo, ma deve conferire allo stesso le relative attribuzioni e competenze; ciò significa, pertanto, che nessun apparato amministrativo può esercitare poteri amministrativi che non siano stati disciplinati e assegnati espressamente dalla legge. È per questo motivo che il principio di legalità comporta un vincolo anche per il legislatore, nel senso che la legge non può contenere una semplice autorizzazione ad agire, ma deve contenere anche la disciplina dell’ azione amministrativa (cd. principio di legalità sostanziale).

È importante specificare, inoltre, che la legge non può limitarsi a prevedere l’ istituzione di un’ autorità amministrativa e a munirla di poteri amministrativi, ma deve anche assegnarle i fini, in vista dei quali quei poteri vanno esercitati (il principio di legalità esclude, quindi, che l’ amministrazione possa stabilire essa stessa i fini della sua azione).

La riserva di legge prevista dall’ art. 97 Cost. copre, in ogni caso, non solo l’ istituzione e la competenza dell’ organo, ma anche la relazione tra l’ organo e le persone fisiche destinate a ricoprirlo: relazione nella quale è fondamentale la dimensione temporale (inizio, fine e durata del mandato). È proprio su questa base che la Consulta, con la citata sent. 208/92, ha affermato che un’ organizzazione caratterizzata da un ricorso sistematico alla prorogatio sine die (cioè, al mantenimento in carica del titolare dell’ organo dopo la scadenza del mandato sino alla nomina del successore) violerebbe il principio della riserva di legge in materia di organizzazione amministrativa, dal momento che la durata del mandato (prevista a termine dal legislatore ordinario) verrebbe, in tal modo, stabilita arbitrariamente da colui che deve provvedere alla sostituzione.

Un ultimo accenno occorre dedicarlo al co. 3 dell’ art. 97 Cost., il quale estende, in alcuni casi, il principio della riserva di legge anche ai meri uffici: stabilisce, infatti, la disposizione in esame che agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge: ciò significa che, perché sia consentito derogare all’ ordinaria modalità di reclutamento (il pubblico concorso), è necessaria una legge; e poiché il concorso (o lo strumento alternativo previsto dalla legge) serve per accedere ad un mero ufficio, ne consegue che gli uffici ai quali è possibile accedere senza concorso devono essere previsti dalla legge (una legge è comunque necessaria quando l’ accesso a tali uffici avviene con modalità diverse dal pubblico concorso).

L’ altra implicazione che si desume dal co. 3 dell’ art. 97 Cost. riguarda il concetto di accesso al pubblico impiego. Invero, l’ assetto odierno del rapporto di lavoro con gli enti pubblici prevede fasce funzionali con progressione economica orizzontale (la retribuzione aumenta, mentre la fascia rimane uguale): ciò significa che non soltanto l’ accesso al pubblico impiego, ma anche il passaggio alla fascia funzionale superiore deve essere preceduto da un concorso pubblico.

Dalla combinazione dei co. 1 e 3 dell’ art. 97 Cost., si evince, quindi, che l’ area della riserva di legge si allarga, in quanto essa viene a ricomprendere, in alcuni casi, non solo gli organi, ma anche gli uffici; è pur vero, però, che questa stessa area, al contempo, viene a restringersi in ragione di una distinzione formulata dalla Corte costituzionale: la Consulta ha, infatti, distinto l’ organizzazione della P.A. (affidata alla legge) ed il rapporto di lavoro dei pubblici dipendenti (affidato alla contrattazione collettiva); ciò in considerazione del fatto che la disciplina privatistica è considerata più idonea alla realizzazione delle esigenze di flessibilità nella gestione del personale (flessibilità che, ovviamente, è strumentale ad assicurare il buon andamento dell’ amministrazione).

È importante specificare comunque che la riserva di legge, di cui all’ art. 97 Cost., è una riserva di legge relativa; tale norma, infatti, non vieta qualsiasi normazione diversa da quella legislativa, né esclude che la legge consenta al potere esecutivo di emanare norme secondarie di efficacia subordinata (regolamenti, statuti o circolari). Alla legge, però, deve essere affidata la disciplina degli aspetti fondamentali dell’ organizzazione dei pubblici uffici (ad es., l’ istituzione di organi, la previsione di competenze, il livello delle retribuzioni, etc.), in modo tale da garantire il buon andamento e l’ imparzialità dell’ amministrazione.

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