Dottrina. Il procedimento di integrazione dà luogo a una serie di fattispecie, da cui discende la rilevanza penale di condotte che altrimenti non sarebbero reato. Quindi lo schema “atipico” dell’atto di concorso risulta dalla compenetrazione di una parte generale e di una speciale. Non sembrerebbe giusto parlare di fattispecie unitaria, ma di tante fattispecie quante sono le norme reali che si costruiscono con l’integrazione. Guadagnata la struttura delle varie fattispecie previste in un ordinamento o in un certo settore dell’ ordinamento si risale induttivamente a una fattispecie di fattispecie, in cui si raggruppano le note comuni ai dati tipici delle singole fattispecie. Se diciamo ad esempio che una fattispecie criminosa è costituita da fatto umano e da volontà colpevole, non si enunciano né una fattispecie reale, né elementi reali di fattispecie. L’utilità dell’espressione sta nel fatto della sua capacità a porre in evidenza come ciascuno degli elementi che si incontrano in una fattispecie criminosa trova posto nella casella “fatto umano” o in quella di “volontà colpevole”.

Legge. Anche la legge ci offre esempi del discorso fatto dalla dottrina. ad esempio il 43. Nessuno sosterrà che la previsione e la volizione dell’evento dannoso/pericoloso, da cui la legge fa discendere l’esistenza del delitto doloso, rappresentino un elemento reale di fattispecie. Ruolo che sarà invece adempiuto dalle rappresentazioni e dalle volizioni aventi un certo oggetto che si individuano analizzando le singole disposizioni incriminatrici, indispensabili a integrare un fatto contrario a queste ultime. Sarebbe però inesatto ritenere che non ci siano disposizioni di parte generale che enuncino direttamente elementi reali di fattispecie. ad esempio il 52 e 54: sarebbe assurdo dire che queste disposizioni delineano schemi vuoti che attendano di essere completati e concretati dal riferimento agli elementi offerti dalle varie ipotesi criminose. Quindi il valore di una formulazione di parte generale è diverso a seconda che la legge delinei con essa un elemento positivo o negativo, di fattispecie, ovvero un modello a cui deve adeguarsi l’elemento davvero richiesto in una figura di reato. In entrambi i casi l’enunciazione evita ripetizioni: nel primo perchè viene subito proposto un dato che ,sempre costante, è suscettibile di verificarsi relazionalmente ad un numero illimitato di ipotesi oggetto di previsione normativa, nel secondo perchè più fatti giuridici (astratti) sono concettualizzati in un modello unico che ne coglie l’aspetto formale costante, rinviando il contenuto concreto alle figure incriminatrici singole.

E’ chiaro quindi se consideriamo la sola fattispecie incriminatrice di concorso, la sua natura sarà mista rispetto alle 2 sopracitate. Come enunciazione dei requisiti in virtù di cui una certa condotta si profila come condotta di concorso, essa va ritenuta uno schema normativo reale. Il che non è, invece, per la parte in cui si rinvia a un certo tipo di reato, che evidentemente non può rappresentare altro che la generazione degli elementi reali che hanno effettiva rilevanza nella norma scaturente dall’integrazioni delle disposizioni sul concorso con quelle prevedenti le varie figure d’illecito.

La prima mossa da fare per individuare elementi obiettivi della fattispecie d’un atto di concorso consiste nella determinazione del dato rispetto a cui l’atto stesso si pone in quella relazione “di concorso” (non deve sembrar strano partire dall’oggetto per arrivare a struttura/funzione del suo primo termine). Richiamiamo in questo senso gli articoli 112 ultimo comma e 119 1° . La formulazione del comma del 112 dice: “gli aggravamenti di pena stabiliti nei numeri 1°, 2° , 3° di questo art si applicano anche se taluno dei partecipi al fatto non è imputabile o è non punibile”. Qui quindi si pone una regolamentazione che presuppone che un non imputabile può partecipare al fatto criminoso anche in veste diversa da quella di determinato: come ausiliato o magari come ausiliatore o istigatore egli stesso. c’è poi una differenza marcato col 111 per ciò che concerne il caso del non punibile. Il 111 prevede una situazione di non punibilità derivante da condizione o da qualità personale (cioè circostanze che per certe situazioni politiche inducono a non applicare sanzioni penali), il 112 ultimo comma fa invece l’ipotesi che partecipe sia un soggetto non punibile, senza specificare le ragioni della non punibilità del partecipe, che può dipendere da motivi attinenti da qualifiche personali e dal comportamento posto in essere (quindi motivi concernenti anche l’elemento soggettivo). Sappiamo che un reato è stato commesso e che dalla sua realizzazione il non punibile deve pur sempre aver oggettivamente contribuito, altrimenti non si potrebbe definire partecipe. Astraendo dalla presenza di una qualità personale (qui non richiesta) e stante il disposto del 119 1°, l’impossibilità di applicargli una pena potrà discendere solo dal difetto di elemento soggettivo (esempio: ha agito in stato di errore di fatto).

Tutto questo discorso ci porta a dire che non è accettabile l’interpretazione per cui le circostanze che escludono la pena sarebbero quelle attinenti all’imputabilità del reo nonché quelle che precluderebbero un giudizio di colpevolezza: perché se così fosse, la norma in questione ripeterebbe quanto enunciato dal 112 ultimo comma, estendendosi il principio di non punibilità anche alle persone a cui non si riferisce direttamente. Quindi il quid novi del 119 1° si fa chiaro quando lo si legge nel senso che esso concerna le scriminanti: quindi i rapporti intercorrenti tra esse e i profili obiettivi e psicologici di una figura criminosa, porterà al fatto che il loro verificarsi esclude la realizzazione di un reato.

Scriminanti soggettive e oggettive ex 119. Le prime esplicano la loro efficacia solo verso la persona a cui sono direttamente riferite, le seconde “hanno effetto per tutti coloro che sono concorsi nel reato”. Non è precisato però quali siano le scriminanti oggettive e soggettive. Neppure il rinvio al 70 può essere utile. Lo vedremo poi. È comunque da notare che il 1° del 119 , se c’è scriminante soggettiva, l’illecito penale rimane in capo alle condotte realizzate dagli altri soggetti. Possiamo dire che il concorrente, il cui agire sia assistito da una scriminante soggettiva, possa esser anche chi ha posto in essere il fatto che sarebbe stato tipico alla stregua d’un’incriminazione di parte speciale. Ma in questa ipotesi non viene meno la responsabilità (a titolo di concorso) degli altri soggetti il cui agire considerato in maniera autonoma sarebbe rimasto nella zona amorfa degli atti di partecipazione: quindi l’adesione ad un reato, completo di ogni suo requisito, non è condizione indispensabile per la rilevanza, ai sensi di una fattispecie di concorso incriminatrice ex novo, di un comportamento privo di tipicità cosiddetta ”originaria”.

La dottrina arriva a ciò pacificamente. I problemi cominciano quando si apre l’annosa polemica sul carattere accessorio della partecipazione e, per chi si muove in questo ordine di idee, sui gradi dell’accessorietà. per Gallo la critica alla tesi che afferma la natura accessoria dell’atto di concorso, spesso rimane circoscritta ad un ordine di considerazioni che non toccano il nocciolo della questione, che è di struttura di una certa fattispecie, confondendo il problema del come si risponde da quello del perché si risponde. Esaminiamo uno degli argomenti addotti a sostegno di una delle più importanti opposizioni dottrinali alla teorica dell’accessorietà: in primo luogo questa concezione presenta il difetto fondamentale di considerare le azioni dei vari colpevoli in modo isolato, come se fossero indipendenti fra loro, mentre nella realtà delle cose dette azioni sono connesse (materialmente e moralmente) formando coacervo di forze indirizzato a uno scopo comune. Il legame che unisce le varie azioni esclude che possa reputarsi estraneo al così detto partecipe del fatto di chi viene dichiarato autore.

Riassumendo possiamo dire che il principio di accessorietà va esaminato e discusso tenendo conto degli elementi di fatto che sotto tale formula si raggruppano e della necessità della loro presenza per integrare una fattispecie di concorso incriminatrice ex novo.

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