Le cause che escludono o diminuiscono l’imputabilità (artt. 88 e ss.) appartengono a due species:

  • delle alterazioni patologiche, dovute ad infermità di mente o all’azione dell’alcool o di sostanze stupefacenti.
  • dell’immaturità fisiologica o parafisiologica, dipendenti rispettivamente dalla minore età e dal sordomutismo.

Le cause codificate di non imputabilità, tuttavia, non esauriscono le ipotesi di incapacità di intendere e di volere, che in base al nostro ordinamento escludono o attenuano la punibilità (es. cosiddett uomini lupo).

L’incapacità di intendere e di volere, comunque, può essere:

  1. procurata dallo stesso soggetto o da terzi.
  2. congenita, ossia dovuta a cause naturali.

Tale tipo di incapacità può essere:

  • (incolpevole, se dovuta a caso fortuito o a forza maggiore).
  • volontaria o colposa, se voluta dal soggetto oppure da lui prevedibile od evitabile.
  • preordinata, se predisposta al fine di commettere un reato o prepararsi una scusa.

Dato che l’agente, per sottostare ad una pena, deve essere imputabile al momento della commissione del reato (art. 85 co. 1), l’incapacità da lui procuratasi anteriormente al reato dovrebbe renderlo sempre non punibile. Tale conseguenza, tuttavia, è chiaramente un assurdo, perché in questo modo si farebbe dell’incapacità procurata la facile scappatoia per delinquere impunemente. A questo fine, quindi, il problema dell’imputabilità va risolto sulla base non dell’art. 85, bensì del superiore principio della responsabilità personale, potendosi ritenere che l’imputabile sussista rispetto al fatto concreto:

  • nell’ipotesi normale (art. 85), in cui l’agente era capace di intendere e di volere al momento della commissione del reato.
  • nell’ipotesi in cui, pur essendo l’agente incapace al momento del fatto, tuttavia, la sua procurata incapacità rientra nella colpevolezza (es. incapacità preordinata, incapacità volontaria o colposa).

Detto questo, quindi, devono essere evidenziati due elementi:

  • l’esistenza dell’imputabilità in presenza della suddetta incapacità costituisce una deroga alla regola dell’art. 85 co. 1.
  • la permanenza dell’imputabilità nelle suddette ipotesi non implica l’automatica colpevolezza per ogni fatto commesso nello stato di incapacità.

Relativamente all’incapacità preordinata, l’art. 87 stabilisce che la disposizione della prima parte dell’art. 85 non si applica a chi si è messo in stato di incapacità di intendere e di volere al fine di commettere un reato o di prepararsi una scusa . Tale articolo, tuttavia, derogando all’art. 85, si limita soltanto ad affermare l’esistenza dell’imputabilità del soggetto in presenza di un’incapacità preordinata, ma non dice affatto che il soggetto sia sempre responsabile del fatto commesso. In base alla regola della colpevolezza, quindi, appare corretto ritenere che per la sussistenza del dolo:

  • è necessario risalire al momento della preordinazione dell’incapacità.
  • non basta la coincidenza tra il fatto progettato e il fatto realizzato, occorrendo anche una continuità psicologica fra la deliberazione e la causazione.

Relativamente all’incapacità volontaria o colposa, manca in materia una norma generale del tipo dell’art. 87. In base all’imprescindibile coordinamento dell’art. 85 co. 1 col principio di responsabilità personale, tuttavia, occorre affermare che anche nelle ipotesi non espressamente previste l’imputabilità non è né esclusa né diminuita. Se poi essa è piena il soggetto risponderà:

  • a titolo di dolo eventuale, se si è posto in stato di incapacità prevedendo ed accettando il rischio del reato.
  • a titolo di colpa, se il reato, nel momento in cui egli si rese incapace, fu da lui previsto ma non accettato o, comunque, era prevedibile come conseguenza dell’incapacità ed evitabile.
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